Nota alla stampa
Vittime in mare davanti a un’Europa in cui soccorrere sembra essere un reato.
Nell’ultima settimana sono stati circa 8.500 i migranti soccorsi e salvati in mare da navi di ong internazionali attive nel Mediterraneo. Secondo stime ufficiali, nel 2017 sono sbarcati finora in Italia più di 4.500 minori di cui quasi 4.000 non accompagnati. Dall’inizio dell’anno, hanno già perso la vita o risultano scomparse nel Mediterraneo centrale 878 persone.
“Ecco descritti in poche righe gli effetti, purtroppo solo parziali, di politiche migratorie miopi e sbagliate, di accordi con Paesi Terzi che violano sistematicamente convenzioni internazionali e diritti umani” sottolinea p. Camillo Ripamonti, presidente Centro Astalli.
Il Centro Astalli esprime profondo cordoglio per le vittime innocenti degli ultimi naufragi e seria preoccupazione per le condizioni in cui stanno giungendo i migranti sopravvissuti a torture e violenze che riportano di aver subito durante il viaggio o la detenzione in Libia.
Al contempo suscita allarme l’indifferenza e la cecità di un’Europa sempre più chiusa e xenofoba dove atti minimi di civiltà, come soccorrere e offrire acqua e cibo, vengono sempre più spesso definiti reati.
Il Centro Astalli chiede a governi nazionali e istituzioni comunitarie di:
- mettere al centro di ogni politica migratoria la solidarietà e il pieno rispetto dei diritti umani. È urgente attivare canali umanitari d’ingresso in Europa e rafforzare le operazioni di salvataggio in mare finché non si troverà un’alternativa efficace al traffico dei migranti;
- non fare accordi con Paesi terzi che non assicurano l’effettivo rispetto dei diritti umani fondamentali dei migranti e dei cittadini europei: basti pensare al caso di Gabriele del Grande che, come altri 118 giornalisti turchi, è in stato di fermo in Turchia;
- attivarsi immediatamente per un contributo serio e fattivo volto alla cessazione delle principali crisi umanitarie nel mondo, causa di molti dei flussi migratori che oggi investono l’Europa come la Siria, il Congo e la Nigeria.