Il Centro Astalli esprime soddisfazione perché ieri è stato recuperato il relitto dell’imbarcazione inabissatasi il 18 aprile 2015, nel naufragio in cui morirono circa 700 migranti a largo della costa della Libia. Avverranno ad Augusta le delicate operazioni necessarie ad identificare le vittime di quella che ad oggi è considerata la più grande tragedia verificatasi nel Mediterraneo. Sia il recupero che il lavoro scientifico iniziato ieri hanno richiesto l’impegno e la sinergia di molte istituzioni e enti: la Presidenza del Consiglio dei Ministri, i ministeri della Difesa, dell’Interno, della Salute, dell’Istruzione dell’università e della ricerca, il Commissario Straordinario per le persone scomparse, la prefettura di Siracusa e la Procura distrettuale Catania. L’attività prevede il coinvolgimento a terra di circa 150 persone al giorno tra cui personale della Marina Militare, dei Vigili del Fuoco, del Corpo Militare della Croce Rossa Italiana, dell’Ufficio di sanità marittima, area e di frontiera (Usmaf), dell’Azienda sanitaria provinciale (Asp), Agenzia della dogana, oltre alle Autorità ed Enti Locali.
“Siamo grati al Governo italiano per aver tenuto fede a un impegno assunto già pochi giorni dopo una tragedia di cui oggi forse molti si saranno dimenticati, incalzati dal ritmo delle nuove notizie e assuefatti alle stragi quotidiane che si consumano nel Mediterraneo”, commenta padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli. “Il numero crescente delle vittime, a cui si aggiungono oggi almeno altre dieci donne che hanno perso la vita nel Canale di Sicilia, non deve essere una scusa per negare a ciascuno di loro la dignità. Deve piuttosto ricordarci quotidianamente l’urgenza di predisporre vie sicure per arrivare in Europa. Il lodevole e importante impegno del soccorso in mare non è purtroppo sufficiente ad assicurare l’incolumità a chi fugge in cerca di protezione”.