Capitale del Cattolicesimo mondiale, Roma ha ormai il volto di una metropoli multietnica e multireligiosa, in cui convivono – a volte con fatica – comunità e tradizioni diverse.

Non si tratta di un fenomeno recente: per tutto il corso della sua storia millenaria, la città è stata luogo d’incontro di popoli e culture e questa pluralità di identità, anche religiose, ne ha segnato in modo significativo il paesaggio e le usanze.

Accanto alle comunità antiche, come quella ebraica e quella valdese, il caleidoscopio delle fedi in città è composto soprattutto dai molti cittadini stranieri che vivono a Roma e nei paesi limitrofi, appartenenti a religioni come l’Islam, il Cristianesimo ortodosso, Cattolicesimo di rito bizantino, altre Chiese Protestanti (oltre a quella valdese), Induismo, Buddhismo. Inoltre, sono diverse migliaia i Sikh indiani, che si trovano nell’area Pontina, tra le province di Latina e di Roma.

Sarà possibile approfondire  e scaricare le schede dei diversi luoghi di culto presenti a Roma, cliccando sugli articoli che troverete anche nella sezione “Visita ai luoghi di culto”:

 

               Quattro passi nella storia

 

 

                              Letture

 

Federico Santangelo, La religione dei Romani, Edizioni Laterza, 2021

Conosciamo i nomi degli dèi di Roma, visitiamo le rovine dei templi, ci appassioniamo sempre più alla mitologia pagana. Eppure facciamo fatica a definire cosa fosse la religione dei Romani. È vero che la parola latina religio è solitamente tradotta in italiano con ‘religione’: ma si può davvero parlare di ‘religione’ nell’antica Roma? Che origine avevano gli dèi? Per quali ragioni, con quali intenti e in che modi ci si rivolgeva loro? Ha senso parlare di ‘fede’ nel contesto di una religione politeistica? Una esplorazione appassionante ci condurrà da Roma fino agli angoli più remoti dell’impero, in un percorso alla scoperta di uno degli aspetti meno conosciuti del mondo romano, capace di dischiuderci un universo ignoto.

A cura di Corinne Bonnett – Ennio Sanzi Roma, la città degli dei. La capitale dell’impero come laboratorio religioso, Carocci Editore, 2018

Questa raccolta di saggi tenta di fare una grande panoramica sull’atmosfera religiosa che si poteva respirare a Roma tra la fine del II secolo a. C. e il IV d. C., secoli in cui la città divenne capitale di un impero cosmopolita enorme. Dai territori conquistati e da quelli limitrofi tantissime persone si riversarono a Roma, e con sé portarono i propri culti, soprattutto i culti orientali che tanto affascinavano i Romani e che ancora oggi risultano attraenti per l’uomo moderno. Cibele, Iside e ovviamente Mitra furono solo alcune delle divinità che, come quella del Cristianesimo, vennero importate a Roma e che qui per secoli convissero in modi forse oggi incomprensibili ma che sono assolutamente degni di essere ricordati.

Licia Ferro – Maria Monteleone, Miti Romani. Il racconto, Einaudi, 2014

“Quando il mondo ebbe inizio e Giano tornò ad avere l’aspetto di un dio, poco a poco, si narra, apparvero ovunque le fonti, i laghi, i fiumi, le valli e i monti coperti di boschi. Apparvero pesci nell’acqua, animali sui prati e nelle foreste, uccelli nell’aria. Solo in ultimo fece il suo ingresso l’essere umano. Forse fu in quel momento che Giano si guardò intorno e scelse la sua dimora, una collina coperta allora di querce e farnetti. “Da quassù, – si disse, – potrò godermi ogni cosa, basta solo aspettare”. E da quel colle – Gianicolo lo chiameranno – si dispose a guardare l’inizio del tempo e dello spazio di Roma”. È esistita una mitologia romana?…

 

Amara Lakhous, Divorzio all’islamica a viale Marconi, E/O, 2010

I servizi segreti italiani ricevono un’informativa: un gruppo di immigrati musulmani, che opera a Roma nella zona di viale Marconi, sta preparando un attentato. Per scoprire chi siano i componenti della cellula viene infiltrato Christian Mazzari, un giovane siciliano che parla perfettamente l’arabo. Christian inizia la sua indagine spacciandosi per Issa, un immigrato tunisino in cerca di un posto letto e di un lavoro. Il suo destino si incrocia con quello di Sofia, una giovane immigrata egiziana che indossa il velo e vive nel quartiere assieme al marito Said, alias Felice, architetto reinventatosi pizzaiolo. Nell’alternarsi delle voci di Issa e Sofia si rispecchiano le contraddizioni della società italiana, in un susseguirsi di scene esilaranti e momenti ricchi di pathos.

Marcello Fois, Sheol, Einaudi, 2004

Ruben Massei, ispettore della Squadra Mobile di Roma, si trova a indagare su un caso che riguarda il presente, ma ha radici lontane. Nei pressi di una villa fuori città, tre naziskin e una ricca signora ebrea scompaiono lo stesso giorno, il 4 settembre del 1993. Cinquant’anni prima, in quella stessa villa, una famiglia ebrea stava tentando di sfuggire alla deportazione. Anche se l’indagine gli è stata tolta, Massei continua a indagare, perché quel caso gli parla di lui, delle sue radici, della sua storia privata e delle intersezioni con l’altra Storia, quella di tutti.

                               Sapori

Crostata di ricotta e visciole

La ricetta di questo dolce squisito e ormai patrimonio gastronomico di tutti i romani è, come si conviene, segreta. A Roma, in via del Portico d’Ottavia, nel cuore di quello che oggi, per convenzione, si chiama ancora il “ghetto ebraico” c’è una pasticceria senza insegna, dalle vetrine spoglie e un po’ spartana. Per gli ebrei romani questo monumento alla tradizione è Boccione, per tutti gli altri si chiama usando diverse parafrasi: “il forno del ghetto”, “la pasticceria degli ebrei”, “il negozio dei dolci kasher”. Quello che è noto a tutti, invece, è che dal piccolo retrobottega escono delizie incredibili che risalgono ad una tradizione antichissima, dolci di ogni forma e misura secondo le norme alimentari ebraiche.
Questa è una delle molte versioni della ricetta che circolano in rete. Suggeriamo comunque,almeno una volta nella vita, di provare l’originale.

Ingredienti per la pasta frolla

400 g di farina 00
200 g di zucchero
200 g di burro a temperatura ambiente
4 tuorli d’uovo
scorza di limone

Ingredienti per il ripieno

400 g di ricotta romana di pecora
120 g di zucchero
1 uovo
2 cucchiai di sambuca
1 vasetto di confettura di visciole (o ciliegie, ma non è proprio la stessa cosa…)

Lavorazione

Per prima cosa, preparate la frolla. Fate una fontana con farina e zucchero, poi tagliate a pezzetti il burro e mettetelo al centro della fontana. Aggiungete i tuorli sopra il burro e impastate tutti gli ingredienti il più velocemente possibile, fino a formare una palla liscia. Avvolgete la pasta frolla nella pellicola da cucina e lasciatela riposare in frigorifero per almeno 30 minuti prima di utilizzarla. Quando la frolla è fredda, imburrate e infarinate una teglia da 24 cm e schiacciate l’impasto sul fondo, tenendone da parte abbastanza per fare le strisce decorative tipiche della crostata da disporre sulla superficie del dolce.
Spalmate uno strato di marmellata sulla frolla cruda; a parte, in una ciotola mescolate la ricotta con lo zucchero, l’uovo e il liquore, poi versate tutto nella teglia.
Decorate il dolce con le strisce di pasta frolla come per una crostata comune (o, se volete farla secondo la versione del Ghetto, copritela completamente con un altro strato di pasta frolla) e infornate a 180° fino alla completa doratura, per circa un’ora, considerando che il tempo di cottura dipende anche dalla larghezza dello stampo e dallo spessore della frolla e della crema. Controllate ai 45 minuti e poi lasciate cuocere ancora il dolce se non è ben cotto.
Fate raffreddare il dolce e conservatelo in frigorifero fino al momento di servirlo.

Guarda il video della ricetta!

Foto in anteprima: Archivio Centro Astalli/Valentina Pompei

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