Sono 1.146 i migranti morti o dispersi nel Mar Mediterraneo tra gennaio e giugno di quest’anno: più del doppio rispetto alle 513 vittime registrate nello stesso periodo del 2020. È quanto emerge da un rapporto dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (Oim), agenzia delle Nazioni Unite, che evidenzia come il numero dei migranti in fuga verso l’Europa attraverso le rotte marittime è aumentato del 56%.
La rotta del Mediterraneo centrale tra Libia e Italia rimane la più mortale, con 741 vittime accertate. La seconda per pericolosità è la rotta dell’Atlantico tra l’Africa occidentale e le Isole Canarie, dove sono morte almeno 250 persone. Altre 149 migranti sono morti sulla rotta del Mediterraneo occidentale che porta verso la Spagna ed almeno 6 sulla rotta del Mediterraneo orientale verso la Grecia.
Si tratta di stime dal momento che, come afferma la stessa Oim, il numero effettivo di morti potrebbe essere molto più alto poiché diversi naufragi non sono stati segnalati e altri sono difficili da verificare. L’assenza di attività di ricerca e soccoso in mare dei governi europei, in particolare nel Mediterraneo centrale, rende infatti ancora più pericolosi i viaggi dei migranti.
A gestire le operazioni di ricerca e soccorso ci sono la Tunisia che – secondo il rapporto – ha intensificato i suoi interventi del 90% nei primi sei mesi del 2021, e le autorità libiche che hanno intercettato e riportato in Libia più di 15.300 persone; un numero tre volte superiore rispetto a quello registrato nello stesso periodo dell’anno scorso (quando erano state 5.476 le persone ricondotte nel paese).
L’OIM sottolinea nel rapporto che la situazione è “preoccupante, dato che i migranti che vengono rimpatriati in Libia sono soggetti a detenzioni arbitrarie, estorsioni, sparizioni e atti di tortura”.