Oltre 14.500 persone arrestate, oltre 2.000 quelle uccise: è quanto accaduto in Myanmar dal colpo di stato militare del 1° febbraio 2021.
A denunciare la situazione Amnesty International nel rapporto “Quindici giorni che sembravano 15 anni”, basato su interviste a ex detenuti, avvocati ed esperti e sull’esame di oltre 100 fonti giornalistiche. Secondo le testimonianze raccolte, nelle prigioni e nei centri d’interrogatorio le migliaia di persone arrestate per essersi opposte al colpo da parte della giunta militare vengono regolarmente sottoposte a torture e ad altri trattamenti crudeli e degradanti.
Sistematiche le violazioni della legge da parte dei militari: arresti arbitrari senza mandato di cattura, “confessioni” rilasciate sotto tortura, sparizioni forzate dei detenuti, rappresaglie contro i parenti degli arrestati, isolamento di questi ultimi da ogni contatto con il mondo esterno.
Nel luglio 2022, sono state eseguite quattro condanne a morte. Le prime dopo 30 anni. Due di queste ai danni di un noto attivista per la democrazia e di un ex parlamentare. Nei bracci della morte restano oltre 70 prigionieri mentre altre 41 persone sono state condannate alla pena capitale in contumacia.