80 migranti che viaggiavano a bordo di un gommone in difficoltà sono stati intercettate dalla Guardia Costiera di Tripoli e riportati in Libia, da dove erano scappati.
Come più volte dichiarato dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni, organismo dell’Onu, in Libia non esistono porti sicuri e respingere delle persone verso quel territorio può significare riportarli in detenzione. Coloro che non riescono più a partire dalle coste libiche o che vengono rimandati indietro rimangono intrappolati nella violenza di quel paese, nelle strutture di detenzione e sequestro per migranti, centri, formali e informali, che sono luoghi di tortura e morte come documentato da molte testimonianze dirette. In un Paese, tra l’altro, sconvolto da una nuova feroce guerra civile.
Inoltre, al calo degli arrivi via mare non corrisponde un minor numero di persone che rimangono vittime dei viaggi, al contrario. Secondo le stime diffuse dall’Unhcr aggiornate al 20 maggio, pur essendo diminuito il numero assoluto delle vittime, vista la netta flessione delle partenze, la rotta Africa-Italia è diventata molto più pericolosa nel 2019 per chi si mette in viaggio.
Sono infatti 500 i migranti morti o dispersi nel Mediterraneo nel 2019 a fronte di 18.408 sbarchi. Per quanto riguarda l’Italia, nel primo quadrimestre del 2019, si registrano in media 327 morti e dispersi ogni mille arrivi, contro i 39 dei primi 4 mesi del 2018. Molto più bassi i dati sulla mortalità per Spagna (20) e Grecia (2). Nel 2019, quindi, muoiono 32 persone ogni 100. Nel 2017 erano 3 su 100. In altre parole, il rischio di perdere la vita, si è più che decuplicato dal 2017 al 2019.