Il prossimo 2 novembre, in mancanza di un intervento del Governo, scatterà la proroga automatica, per la durata di altri tre anni, del memorandum d’intesa con la Libia, firmato nel 2017 dall’allora premier italiano Gentiloni e dal capo del governo di Tripoli Al Sarraj.
Sulla base di quell’accordo, l’Italia continua a sostenere con ingenti finanziamenti e dispiego di risorse la Guardia Costiera libica e i centri di detenzione in Libia, ma la diffusa corruzione, la connivenza e l’infiltrazione a vari livelli istituzionali di individui sottoposti a sanzioni dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, per i crimini contro l’umanità, portano ad escludere che vi siano le condizioni per rinnovare gli accordi con il Governo di Tripoli, ostaggio e complice di milizie, trafficanti di esseri umani e mafie locali.
Il sostegno fornito alla Guardia Costiera libica fa sì che il Governo italiano per lo più non intervenga nei soccorsi in mare dei migranti, in violazione di precisi obblighi giuridici. Quando viene segnalata un’imbarcazione in situazione di pericolo, infatti, il Centro nazionale di coordinamento del soccorso in mare (MRCC) di Roma di fatto non assume il coordinamento delle operazioni di salvataggio, dando indicazioni di fare riferimento unicamente alle autorità libiche. Si tratta di una grave violazione della Convenzione SAR, che impone al MRCC che riceve la segnalazione di assumere il coordinamento delle operazioni di salvataggio fino a quando esso non sia assunto dal MRCC ritenuto competente.
Inoltre, con la modifica unilaterale presentata dal Governo di Al Sarraj lo scorso 9 ottobre, vengono apportate sostanziali modifiche al memorandum che rendono la situazione ancora più preoccupante, quali il coordinamento esclusivo delle operazioni di soccorso da parte delle autorità libiche nell’amplissima area di acque internazionali dichiarata unilateralmente dalla Libia come zona SAR di propria competenza, nonché uno stringente controllo sulle imbarcazioni delle organizzazioni umanitarie che intendono effettuare salvataggi in mare.
Va evidenziato come in numerosi e documentati casi la Guardia costiera libica non abbia risposto alle richieste di soccorso, abbia abbandonato in mare persone ancora in vita o sia intervenuta esercitando violenze sui naufraghi o addirittura causando incidenti mortali: nel caso più drammatico, verificatosi il 6 novembre 2017, si stima che più di 50 persone siano annegate in quella che avrebbe dovuto essere un’operazione di soccorso, mentre il 20 settembre di quest’anno un ufficiale della Guardia costiera libica ha sparato e ucciso un cittadino sudanese che si opponeva al rientro in Libia.
Risultato delle politiche adottate è un forte aumento del tasso di mortalità nel Mediterraneo centrale, che rappresenta attualmente la rotta più pericolosa al mondo: secondo le stime di UNHCR, dall’inizio del 2019 ad oggi è morta nel tentativo di raggiungere l’Europa dalla Libia una persona ogni 11 persone sbarcate, mentre nello stesso periodo del 2017 tale tasso era pari a una persona morta ogni 40.
Al 30 settembre 2019, il 58% delle persone che erano partite dalla Libia sono state riportate forzatamente nell’inferno libico. I migranti intercettati in mare dalla Guardia Costiera libica vengono rinchiusi nei centri di detenzione, in condizioni disumane, denutriti, senza cure mediche né spazio sufficiente. È ampiamente documentato come questi non siano luoghi di mera detenzione, ma vi si attuino veri e propri sequestri a scopo di estorsione. Uomini, donne e bambini vengono sottoposti a torture, stupri e violenze sistematiche da parte dei funzionari statali e delle milizie che li gestiscono. Alcune persone, inoltre, subito dopo lo sbarco vengono vendute a trafficanti di esseri umani.
La guerra in corso in Libia ha aggravato ulteriormente la già tragica situazione: i migranti rinchiusi nei centri di detenzione muoiono sotto le bombe, come accaduto a Tajoura, oppure di fame e di sete, quando i gestori dei centri fuggono di fronte all’avanzata della fazione opposta.
Le Nazioni Unite, il Consiglio d’Europa e la Commissione europea nonché la stessa magistratura italiana hanno più volte affermato che la Libia non può in alcun modo essere considerata un Paese sicuro e dunque le persone che tentano di fuggire non possono essere rimandate in quel Paese. Lo vietano il diritto internazionale e la nostra Costituzione.
Le consegne dei migranti soccorsi in mare alle autorità libiche e la delega alla Guardia costiera libica degli interventi di soccorso in mare configurano dei respingimenti di fatto, analoghi a quelli per i quali l’Italia è già stata condannata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nel 2012.
Il Governo italiano ha più volte fatto riferimento alla presenza in Libia di organizzazioni internazionali come UNHCR e OIM e di organizzazioni non governative, per sostenere che le tutele previste dal diritto internazionale sono rispettate. Tuttavia,come dichiarato anche da alcune di queste organizzazioni, la loro presenza al momento dello sbarco in Libia e nei centri di detenzione non è in alcun modo sufficiente a garantire neanche un livello minimo di tutela dei diritti umani dei migranti riportati in Libia.
L’Italia e l’intera Unione Europea debbono essere consapevoli che stanno attuando dei respingimenti collettivi di persone che fuggono dalla guerra e dalle persecuzioni e che altresì stanno finanziando il sistema dei campi di concentramento in Libia. Tutto ciò richiama le pagine più orribili della storia del ’900. Fu per evitare per sempre il ritorno di quegli eventi drammatici che nacquero il sistema internazionale di tutela dei diritti umani e il sistema di protezione dei rifugiati, al cui rispetto gli Stati sono vincolati.
Crediamo che l’Italia, per la sua storia e per i principi su cui si basa la nostra Costituzione, non possa continuare a cooperare con autorità che attuano o consentono tali sistematiche violazioni dei diritti umani.
Va infine sottolineato come il memorandum sia stato stipulato in violazione dell’art. 80 della Costituzione, in quanto il Governo non è stato autorizzato dalle Camere alla ratifica di tale trattato internazionale avente natura politica.
Chiediamo dunque con forza che il Governo e il Parlamento italiano annullino immediatamente il memorandum del 2017 e i precedenti accordi con il Governo libico e che, fatti salvi gli interventi di natura umanitaria, non vengano rifinanziati quelli di supporto alle autorità libiche nella gestione e controllo dei flussi migratori.
Chiediamo inoltre l’immediata evacuazione dei centri di detenzione per migranti, garantendo loro la necessaria assistenza e protezione, sotto l’egida della comunità internazionale.
Chiediamo infine che si stabilisca un programma efficace di ricerca e salvataggio in mare a livello nazionale ed europeo, che si ponga fine agli interventi volti a ostacolare i salvataggi effettuati dalle organizzazioni umanitarie, e che si prevedano canali di ingresso regolari, in modo che le persone non siano più costrette ad affidarsi ai trafficanti e a rischiare la vita nel tentativo di fuggire dall’inferno libico.
A BUON DIRITTO, ACLI, ACTIONAID, AMNESTY INTERNATIONAL ITALIA, ARCI, ASGI, CARITAS ITALIANA, CENTRO ASTALLI, CNCA, COMUNITA’ DI SANT’EGIDIO, COMUNITA’ PAPA GIOVANNI XXIII, EMERGENCY, FCEI, FOCUS-CASA DEI DIRITTI SOCIALI, FONDAZIONE MIGRANTES, INTERSOS, LEGAMBIENTE, MEDECINS DU MONDE MISSIONE ITALIA, MEDICI PER I DIRITTI UMANI, OXFAM ITALIA, SAVE THE CHILDREN, SENZA CONFINE e SOCIETA’ ITALIANA DI MEDICINA DELLE MIGRAZIONI
del Tavolo Asilo Nazionale