Noi, sikh in Italia

Le nostre comunità sikh provengono soprattutto dal Punjab indiano, vivono in Italia da circa 30 anni e contano circa 100mila fedeli. Siamo presenti soprattutto al nord, a Mantova, Torino e in provincia di Cremona, a Pessina Cremonese, dove sorge il secondo tempio sikh più grande d’Europa, il Gurdwara Shri Kalgidhar Sahib, (superato solo dallo storico Gurdwara centrale di Londra), diventato presto il centro della vita religiosa di una vastissima comunità, radicata ormai da due decenni nella provincia di Cremona. C’è una forte presenza storica sikh anche nella zona emiliana, in particolare a Novellara, in cui si trova uno dei templi sikh più antichi costruiti in Italia, il Gurdwara Singh Sabha. Diverse sono le comunità sikh nel Lazio, soprattutto nell’Agro Pontino, in provincia di Latina, dove sorgono molti gurdwara, ma anche nella capitale troviamo qualche presenza. Ci sono, inoltre, anche diversi fedeli italiani che si sono convertiti alla religione sikh.

Inaugurazione gurdwara di Pessina Cremonese

I nostri inizi

La parola sikh deriva dal sanscrito shishya e significa “discepolo”. La religione sikh è stata fondata da Shri Guru Nanak ji, nato nel 1469 d.C. a Talwandi, un villaggio che si trova nei pressi di Lahore in Pakistan, in un’era nella quale le continue invasioni, guerre, massacri, turbolenze stavano devastando il subcontinente asiatico. A trentotto anni, durante una profonda meditazione sul fiume Vein, ebbe l’ordine da parte di Dio di aiutare l’intera umanità e metterli sulla via retta. Fondò la base del sikhismo su tre principi: venerare il nome di Dio, lavorare con onestà, condividere con gli altri ciò che si possiede. Il suo pensiero filosofico iniziò rapidamente a diffondersi in India, ma anche in altri Paesi. Iniziò a viaggiare nel 1496 e rimase in cammino 28 anni, prima di ritirarsi spiritualmente sulle sponde del fiume Ravi, dove visse gli ultimi 15 anni della sua esistenza. Guru Nanak ji e i nove guru che gli sono succeduti hanno fornito ai fedeli sikh un esempio di vita spirituale, pur partecipando attivamente alla vita sociale.

E la storia continua così

Tutti e dieci i guru sono stati importanti nella nostra storia e hanno contribuito alla formazione della comunità sikh nel mondo. In particolare il secondo guru, Angad Dev, introdusse il langar, la cucina comunitaria, per fornire cibo ai più poveri e bisognosi. Il suo discepolo e terzo guru, Amar Das, la istituzionalizzò e la rese aperta a tutti, indipendentemente dalla loro religione o casta. Il quarto guru, Ram Das, diresse personalmente lo sviluppo della costruzione del Tempio d’Oro, l’Harmandir Sahib, intorno al quale è sorta la città santa di Amritsar, alla quale i sikh si recano ancora oggi con grande gioia. Grazie al nono guru, Tegh Bahadur, il sikhismo inizio a diffondersi oltre la sua zona di origine, nelle città di Delhi, Mathura, Banaras, Allahabad a Gaya, Patna, Dacca e Dhubri. Il decimo e ultimo guru, Shri Guru Gobind Singh introdusse nel 1699 la cerimonia del battesimo sikh, l’amrit.

A parte un periodo di indipendenza nella seconda metà del Settecento, la comunità sikh ha conosciuto fasi alterne nei rapporti con il potere politico (l’Impero Britannico prima e l’India indipendente poi). Quando il Punjab fu diviso tra India e Pakistan nel 1947, la maggior parte della popolazione sikh che lì viveva si trasferì nella parte indiana, oppure scelse la strada dell’emigrazione, inizialmente soprattutto verso il Regno Unito e il Canada, ma anche in Africa Orientale, dove la comunità era ben radicata dalla fine dell’Ottocento. Ormai la diaspora sikh è diffusa in tutto il mondo.

Approfondisci: I dieci maestri guru

Le nostre scritture

Le sacre scritture sikh sono raccolte nel Guru Granth Sahib, compilato e curato nel 1604. Questo testo è considerato da noi sikh l’ultimo dei guru, che continuerà a guidarci per sempre. Non contiene solo pensieri, inni e insegnamenti dei dieci guru Sikh ma anche di altri personaggi di spicco indù e musulmani come Kabir, Namdev, Ravida, Sheik Farid, Jaidev e Surdas. Il Guru Granth Sahib sancisce così il principio fondamentale enunciato da guru Nanak: “tutte le fedi devono essere rispettate per la loro nobiltà d’intenti”. Dagli insegnamenti del Guru Granth Sahib deriva il codice di condotta sikh, conosciuto anche come Sikh Rehat Maryada. Sono regole pensate come valide per tutti i sikh del mondo, perché si mantenga un’uniformità di tutta la comunità nella pratica religiosa.

Consulta la pagina dell'Unione Sikh Italia!

In che crediamo

La nostra religione è monoteista. Infatti crediamo nell’esistenza di un unico essere supremo, il Creatore, che trascende l’universo, e negli insegnamenti dei dieci guru contenuti nel Guru Granth Sahib. Noi sikh siamo convinti che, poiché il Creatore è presente in ogni persona, ciascun individuo sia uguale di fronte a Dio, indipendentemente dalla razza, dal colore della pelle, dal sesso, dalla nazionalità. Nessuno quindi può legittimamente rivendicare una posizione più elevata degli altri: per questi motivi noi sikh non crediamo nel sistema delle caste. Inoltre, secondo la religione sikh, ciascun individuo, in accordo con la volontà divina, può migliorare il proprio destino. Ognuno ha quindi una forte responsabilità individuale: quella di condurre una vita ricca di valore e utile all’intera umanità.

Il traguardo della perfezione, secondo Guru Nanak, si raggiunge sviluppando l’amore verso Dio. Ogni credente, attraverso la meditazione e l’impegno quotidiano, lotta per divenire simile a Dio migliorandosi continuamente.

Come viviamo

La nostra religione si traduce nella pratica concreta della vita, nel rendere servizio agli esseri umani e nell’amore fraterno. La salvezza può essere raggiunta da chiunque, conducendo una vita onesta e ordinaria. Ci basiamo su tre principi fondamentali:

1) ricordare il Creatore in ogni momento;
2) guadagnare lavorando onestamente;
3) condividere il guadagno.

Ogni sikh deve alzarsi prima dell’alba e, dopo aver fatto un bagno, meditare sul nome di Dio. Ogni giorno dobbiamo recitare sette preghiere: cinque al mattino, una alla sera e una di notte, prima di dormire. Le sette preghiere prendono il nome di Nitnem, che letteralmente significa la routine di tutti i giorni. Noi Sikh seguiamo inoltre particolari norme alimentari che vietano l’uso di tutti i tipi di carne (pesce incluso) e i loro derivati, uova, alcolici e tabacco. Inoltre ogni sikh porta i cinque simboli distintivi, conosciuti come i cinque K, perché la prima lettera di ogni simbolo incomincia con la lettera “K”: 

  • kesh (cioè i capelli lunghi non tagliati, spesso raccolti in un turbante)
  • kangha (un pettine)
  • kara (un braccialetto di ferro)
  • kachera (un particolare tipo di biancheria)
  • kirpan (un pugnale, che per noi è simbolo di giustizia)

La donna rappresenta una figura fondamentale nella comunità sikh, fortemente rispettata per il suo ruolo nella famiglia e nella società. Essa può partecipare, praticare e officiare servizi religiosi. Questi ultimi quasi sempre vengono introdotti dal canto di inni, accompagnati da strumenti musicali e, in occasioni speciali, anche da letture di poesie e composizioni che ricordano la storia dei sikh.

Il langar, la cucina comunitaria che si trova nei nostri templi, è aperta a tutti e sedersi per terra è segno di uguaglianza. Solitamente prima si divide un dolce sacro, fatto di semolino dolce, chiamato karah prashad, che viene benedetto alla fine della funzione, poi viene servito un pasto, solitamente a base di cereali e verdure.

Il libro di Hardeep Singh Kohli, Indian Takeaway racconta, attraverso il cibo, la bellezza dell’India e della cultura sikh.

Feste, luoghi e simboli

Noi sikh festeggiamo i giorni in cui i dieci guru sono nati, i momenti in cui sono stati riconosciuti come maestri e gli anniversari della loro morte. Celebriamo il giorno in cui il nostro testo sacro è stato eletto a nostra guida spirituale, divenendo esso stesso guru dei sikh. Un’altra festività è quella che ricorda la nascita della khalsa, la comunità dei sikh, che cade normalmente tra il 13 e il 14 aprile di ogni anno.

Una cerimonia molto importante per un sikh è il battesimo, amrit, che è un dovere per ciascuno di noi. Da quel momento ci facciamo carico dei principi della fede e ci impegniamo a rispettare il codice di comportamento. Non esiste età minima o massima per essere battezzati: ogni uomo o donna, di qualsiasi nazionalità, ha il diritto di ricevere il battesimo e di unirsi alla comunità sikh. Un altro momento importante per l’individuo e per la comunità è il matrimonio: essere sposati e condurre una vita famigliare è considerato un ideale di vita per tutti. L’obiettivo delle nostre cerimonie religiose è ricordare a ognuno di noi la relazione con Dio: sono degli strumenti per favorire l’unione dell’anima con il Creatore.

Il luogo di culto sikh si chiama gurdwara: nella stanza principale, che viene utilizzata per la preghiera e i servizi giornalieri, viene collocato il nostro testo sacro. Ciascun gurdwara ha la sua cucina comunitaria, il langar, per offrire cibo a credenti, pellegrini e visitatori.
Su ogni gurdwara viene posta una bandiera di colore giallo, con il disegno del khanda, un cerchio con al centro una spada a doppio taglio: il cerchio indica l’infinito, le due lame rappresentano l’equilibrio tra la dimensione spirituale e temporale della vita sikh. Il luogo di culto sikh più famoso al mondo si trova in India, nel Punjab, ed è chiamato Harmandir Sahib, il Tempio D’Oro. L’Harmandir Sahib, a cui tutti possono accedere, indipendentemente dal proprio credo e dalla propria origine, incarna il principio che la casa di Dio è aperta a tutti. L’entrata della struttura principale, però, ha un’unica via d’accesso, a rappresentare che esiste un solo Dio. Intorno al Tempio d’Oro sorge la città santa di Amritsar, centro culturale e spirituale dei sikh.

Il Golden Temple, Amistar

Una preghiera
O Signore, dacci la luce,
Dacci la capacità di comprendere
così che possiamo sapere ciò che ti fa piacere
e possano tutti prosperare
con la tua grazia.
Dalla preghiera quotidiana

Hanno detto…

Satpal Singh, esponente del World Sikh Council, commentando le ripetute violenze sulle donne che si registrano nel Paese, ha sottolineato il ruolo che le religioni possono avere nella prevenzione di questi crimini gravissimi: “Se la società nel suo complesso non abbandona l’idea che le donne siano in qualche misura inferiori agli uomini, o che comunque debbano restare al servizio degli uomini, non riusciremo a combattere la vera causa della violenza contro le donne. I leader religiosi del mondo possono avere un ruolo importante in questa lotta quotidiana. Devono ricordare a tutti i credenti che Dio non è misogino. Devono chiarire alle loro comunità che Dio ha creato la donna, esattamente come l’uomo, a immagine di Dio. Bisogna sottolineare che la stessa luce divina abita nella donna e nell’uomo. Che Dio è generoso e compassionevole verso le donne e verso gli uomini allo stesso modo. I leader religiosi devono condannare fermamente ogni atto di violenza contro le donne. Questo non eliminerà completamente il problema, ma almeno contribuirà ad affrontarne le cause reali”.

Approfondiamo insieme… La Gatka, arte dell’incontro

La Gatkala danza della spada, rappresenta una tecnica per lo sviluppo spirituale che punta alla liberazione delle tensioni fisiche ed emozionali. L’arma fondamentale della Gakta è la spada, il simbolo dell’anima nella visione cosmologica indiana. Il processo di apprendimento dell’arte marziale, si attua principalmente tramite la danza. Abbandonandosi alla musica, il danzatore-guerriero perde il controllo della mente, abbassa le sue inibizioni e permette l’espressione dell’energia creativa, la più grande forza dell’essere umano. Attraverso i movimenti e le tecniche della Gatka, il discepolo, quindi, è in grado di raggiungere un equilibrio della Mente Negativa e della Mente Positiva, favorendo così il bilanciamento della Mente Neutra e divenendo canale di comunicazione di ciò che in gergo è chiamata energia creativa divina.

La Gatka, è anche chiamata arte dell’incontro, infatti la disciplina metterebbe l’individuo in condizione di allargare le proprie prospettive, di aumentare la consapevolezza di se stesso e dell’ambiente in cui vive, elaborando in modo creativo la propria emotività, ma anche il proprio modo di relazionarsi. Scopo fondamentale del Gatka sarebbe quindi l’incontro, perché tramite le tecniche di combattimento gli allievi imparano a non scontrarsi, ma ad incontrarsi l’uno con l’altro, imparando a compensare i loro punti deboli, relazionando e integrando i loro talenti.

Per approfondire:

La religione sikh. Dio è uno solo, Om Edizioni, 2021

Lajwanti R. Krishna, I Sikh. Leggende e storia dei mistici guerrieri, Ghibli, 2013

Visita la pagina Focus Religioni in musica
Per saperne di più sulla religione Sikh, leggi anche La religione Sikh. Dio è uno solo, OM, 2021 e guarda questo breve e simpatico video!
Per saperne di più sulla diaspora sikh guarda il film Ocean of Pearls del regista Sarab Neelam.
Vedi anche il documentario The Harvest, uno spaccato sulla comunità sikh dell’Agro Pontino.

Per capirci…


amrit:
 battesimo sikh, che segna l’ingresso di un sikh nella comunità religiosa (khalsa) e il suo impegno a rispettare il codice di condotta. È un dovere per ogni credente, ma non esiste età minima o massima per essere battezzati.
gurdwara: luogo di culto del Sikhismo, tempio e luogo di riunione allo stesso tempo. Letteralmente significa “porta del guru”.
langar: cucina comunitaria istituita per rispondere al principio di uguaglianza tra tutti gli esseri umani, senza distinzione di razza, religione, credo, casta, colore, età, sesso e stato sociale. Esprime l’etica della condivisione, della comunità e dell’inclusione sociale.
kangha: Pettine che consente ai sikh di mantenere la cura, la pulizia e l’igiene dei loro lunghi capelli. Viene solitamente posto nella capigliatura, sotto il turbante. Rappresenta l’importanza della disciplina e della purezza dello stile di vita sikh.
kirpan: Pugnale cerimoniale, simbolo di giustizia e protezione dei più deboli. Rappresenta l’impegno per il rispetto di sé e per la propria libertà di spirito. Un sikh è tenuto a portarlo sempre con sé.

Noi Sikh seguiamo inoltre particolari norme alimentari che vietano l’uso di tutti i tipi di carne (pesce incluso) e i loro derivati, uova, alcolici e tabacco.

Foto in antemprima: Centro Astalli/Valentina Pompei