Cinque cittadini sudanesi provenienti dal Darfur, rimpatriati il 24 agosto 2016 dall’Italia, hanno presentato ricorso alla Corte europea dei diritti umani (Cedu) per chiedere l’accertamento dell’illegittimità del comportamento del Governo italiano ai sensi della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e il risarcimento dei danni determinati dal ritorno forzato in Sudan.
Il ricorso fa riferimento alla violazione di diversi articoli della Convenzione europea dei diritti umani, come verrà spiegato nella conferenza stampa, promossa a Roma, oggi, dalle associazioni che fanno parte del Tavolo Asilo nazionale (Arci, Asgi, Federazione delle Chiese evangeliche in Italia, Amnesty International, A Buon Diritto, Senzaconfine, Cnca, Medu, Cir, Focus-Casa dei diritti sociali, Centro Astalli).
L’appuntamento è alle 14.30, presso la sede della Fnsi. “La vicenda, da cui origina il ricorso, segue la sottoscrizione dell’accordo di polizia tra il Capo della Polizia italiana, Franco Gabrielli, ed il Capo della Polizia Nazionale del Ministero dell’Interno sudanese del 3 agosto 2016, uno dei tanti accordi amministrativi siglati dall’Italia per semplificare la riammissione di cittadini di paesi terzi in condizioni ritenute non regolari.
“Lo Stato italiano, con questa operazione di rimpatrio, ha voluto dare un forte segno di operatività dell’accordo e ha dunque organizzato un’attività diretta all’arresto di un elevato numero di cittadini sudanesi (circa 60) presenti a Ventimiglia – ricorda una nota del Tavolo dell’Asilo -. Solo alcuni di loro riuscirono a non essere imbarcati sul volo per Khartoum ed è significativo che tutti quelli rimasti in Italia abbiano ottenuto il riconoscimento dello status di rifugiato politico ai sensi della Convenzione di Ginevra del 1951”. Il ricorso, precisa la nota, “confida di essere un tassello che spinga i singoli Stati membri dell’Unione europea e la stessa Ue a non accordare risorse economiche a regimi dittatoriali, come quello del Sudan, per la stipula di accordi di riammissione a scapito della vita e della libertà della persona, affinché l’Europa torni ad essere terra di accoglienza promotrice di democrazia”.