La trama
Esther Mujawayo, ha perduto il marito e oltre 200 membri della sua famiglia nel genocidio del 1994 in Ruanda. Un massacro di oltre un milione di vittime prodotto dall’odio tra Hutu e Tutsi, nel colpevole silenzio dell’Occidente.

Esther e le sue tre figlie si sono fortunatamente salvate riuscendo a scappare prima in Uganda e poi in Germania. Dopo molti anni torna in Ruanda con la giornalista Souad Behjhaddad per dare testimonianza di quanto accaduto e per raccontare della sua esperienza nei gacaca, i processi tradizionali organizzati in seguito alla “politica di riconciliazione nazionale”.

Edizioni E/O 2007, 205 pp.

Un brano
“Vi spiego il mio punto di vista: voglio lavorare per rimettere in piedi il Ruanda e preparare il futuro del paese per i miei figli. Non posso pensare sempre in termini di conflitto… Quindi accetto. Incasso. Preparo il terreno. Obbedisco alla legge, perché è realmente costruttiva e non accorda l’impunità. Magari se ne pentirà solo uno su sessanta, magari solo uno accetterà di ricostruire una vita insieme, ma è già qualcosa, sarà comunque una persona salva, perché noi sopravvissuti non vogliamo uccidere, non vogliamo vendicare, vogliamo ricostruire. Non posso restare con le mani in mano. Ho la morte dentro, ma vado avanti. […] Penso ai miei figli e ai loro. I padri, i genitori sono spacciati, ma i bambini… Sono cresciuta come una “figlia di scarafaggi” e non vorrei che i loro figli chiamassero i miei in questo modo. Quando mi incontrerà, l’assassino della mia famiglia sentirà dalla mia bocca qualcosa di diverso da quello che ho sentito io dalla sua. Oggi vorrei che il Ruanda fosse la madre di tutti” (pp.107 – 108).

Autrici
Esther Mujawayo è nata nel 1958 in Ruanda. Nel luglio del 1994 ha fondato un’associazione di donne vedove, Avega, che ha come scopo aiutare le donne sopravvissute, in particolare quelle che sono state vittime degli stupri dei carnefici. Ora lavora in un centro psicologico per rifugiati a Düsseldorf, dove si occupa principalmente del trauma psichico post bellico. Nata invece in Algeria e cresciuta in Francia, Souâd Belhaddad è giornalista e reporter, nonché autrice di numerosi libri tra cui SurVivantes, Rwanda dix ans après le génocide, scritto con Esther Mujawayo (L’Aube, 2004).

Per riflettere, per discutere
Il Ruanda era la Svizzera d’Africa, il Paese delle mille colline, oggi è un Paese dove il 70% dei bambini soffre di malnutrizione. E’ sola una delle innumerevoli atroci conseguenze del genocidio tra hutu e tutsi, forse il più crudele, di sicuro il più rapido della storia poiché si consumò in cento giorni, provocando la morte di almeno un milione di persone.

Conoscere e riflettere su alcuni dati è utile per capire l’entità di uno dei più grandi massacri della storia contemporanea. Su una popolazione di 7.300.000, di cui l’84% hutu, il 15% tutsi e l’1% twa, le cifre ufficiali diffuse dal governo ruandese parlano di 1.174.000 persone uccise in soli 100 giorni (10.000 morti al giorno, 400 ogni ora, 7 al minuto). Altre fonti parlano di 800.000 vittime. Tra loro il 20% circa è di etnia hutu. I sopravvissuti tutsi al genocidio sono stimati in 300.000. Migliaia le vedove, molte stuprate e oggi sieropositive. 400.000 i bambini rimasti orfani, 85.000 dei quali sono diventati capifamiglia.

Nel periodo successivo alla strage, il Ruanda tenta una ripresa giudiziaria ed economica: una rinascita del paese per dimenticare il passato. Ed è con i gacaca, tribunali tradizionali ripristinati, che la popolazione sopravvissuta tenta di superare l’ostacolo. Un ostacolo doloroso, in quanto si cerca, comunque, di trovare la verità, affrontando anche direttamente gli assassini, che prima del fatto erano per la maggior parte fidati vicini di casa.
Esther Mujawayo, per esperienza diretta, racconta molto bene il funzionamento dei gacaca. Un sistema tradizionale ripristinato nel 2001, perché la giustizia ordinaria ci avrebbe messo più di un secolo a giudicare tutti i responsabili dei massacri. Un sistema usato storicamente per reati minori e all’ordine del giorno come il furto di bestiame, che ora deve giudicare e condannare gli autori di un crimine come il genocidio. La regola fondamentale dei gacaca è che tutti – giudici, imputati, testimoni, sopravvissuti – debbano rivolgersi alle altre parti senza aggressività, frenando la rabbia. Surreale. Eppure, è comunque un modo (a volte il solo possibile) per far emergere la verità sulla sorte dei propri cari.
In Ruanda si continua a vivere insieme, hutu e tutsi, persecutori e vittime, sopravvissuti e genocidari. Nei villaggi ci si conosce tutti; i gacaca mettono allora a contatto le due facce della storia, in un tentativo di riconciliazione e pace. Una riconciliazione dolorosa, precisa il sottotitolo di Il fiore di Stéphanie. Uno sforzo che vale la pena di compiere per le generazioni future.

Per approfondire
R. Peck, Accadde in Aprile (USA/Francia/Randa 2005). La storia del genocidio ruandese raccontata attraverso la storia di due fratelli hutu, il cui rapporto e le cui vite private verranno cambiate per sempre a partire dagli eventi del 1994: Augustin, che lavora nell’esercito, è infatti sposato con una tutsi da cui ha avuto tre figli; Honoré è invece una celebre personalità di Radio RTLM, la nota radio promotrice della pericolosa propaganda hutu nei confronti dei tutsi. Lavorando nell’esercito, Augustin riuscirà, mettendo a rischio la propria vita, a salvare quella dei propri familiari. Un’epica storia di coraggio di fronte a un dramma consumato nella totale indifferenza internazionale.

La visione del film potrà essere un utile strumento per comprendere il ruolo della propaganda anti tutsi messa in atto da chi ha organizzato e pianificato il genocidio. Da qui può partire un lavoro di ricerca e approfondimento sul ruolo della propaganda mediatica nella storia, come strumento di guerra o di incitamento all’odio.

Si riporta di seguito una tabella dei principali genocidi del XX secolo secondo Bernard Bruneteau, autore del libro Il secolo dei genocidi, il Mulino 2006. Lo schema può essere utilizzato per dividere la classe in gruppi di approfondimento sui genocidi avvenuti nella storia contemporanea. Uno studio su questo argomento, partendo dalla definizione data dalle Nazioni Unite (Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio del 1948), può essere un efficacissimo strumento per far prendere consapevolezza agli studenti dell’orrore che c’è alla base di uno sterminio etnico pianificato a tavolino.

Genocidio

Gruppo vittima

Intenzione

Modalità di distruzione

Numero di vittime *

Contesto interno

Contesto internazionale

Armenia (1915)

Nazionale e religioso (Armeni ottomani)

Eradicazione territoriale totale

Deportazione, carestia, malattia, esecuzione

1.400.000 (70%)

Politica di ridefinizione etnonazionalista dello stato

Prima guerra mondiale

Holodomor (1932-33)

Nazionale e sociale (contadini ucraini)

Sottomissione politica e eradicazione sociale parziale

Carestia pianificata

5.000.000 (25%)

Politica di coercizione totalitaria

Indifferenza della comunità internazionale

Shoah

(1941-45)

Razzializzato (Ebrei europei)

Eradicazione universale totale

Deportazione, carestia, malattia, esecuzione

5.200.000 (50%)

Politica di eugenetica razzista

Seconda guerra mondiale

Cambogia (1975-79)

Politico e sociale (“nuovo popolo”)

Sottomissione politica ed eradicazione sociale parziale

Deportazione, carestia, malattia, esecuzione

1.800.000 (40%)

Politica di coercizione totalitaria

Indifferenza della comunità internazionale

Ruanda (1994)

Razzializzato (Tutsi)

Eradicazione territoriale totale

Esecuzione, stupro di massa pianificato

800.000 – 1.000.000 (70-80%)

Politica di ridefinizione etnonazionalista dello stato

Attendismo della comunità internazionale

Bosnia

(1992-95)

Nazionale e religioso (musulmani bosniaci)

Eradicazione territoriale parziale

Deportazione, esecuzione

100.000 – 120.000 (6%)

Politica di ridefinizione etnonazionalista dello stato

Attendismo della comunità internazionale

*La percentuale è calcolata rispetto al gruppo vittima potenziale.

Nei panni dei rifugiati: Schede 1 e 2