A sei anni dal terribile naufragio, avvenuto nella notte del 3 ottobre davanti alle coste di Lampedusa in cui persero la vita 368 migranti, fare memoria e mantenere vivo il ricordo di quel tragico giorno e dei tanti altri che ne sono seguiti è atto dovuto.
Da allora, infatti, oltre 18mila persone sono morte in mare nel tentativo di raggiungere l’Europa per chiedere asilo. Un numero impressionante di bambini, donne e uomini, relegati troppo spesso all’oblio della nostra indifferenza.
Neanche più un morto nel Mediterraneo: fu questo l’appello rivolto alle istituzioni nazionali ed europee.
Oggi, come sei anni fa, torniamo a chiedere di fermare l’ecatombe di migranti in mare.
Sia priorità mettere in atto vie legali per garantire accesso alla protezione e sconfiggere così il traffico di esseri umani.
Sia priorità il salvataggio in mare delle persone, come previsto da convenzioni internazionali e diritti umani, troppo spesso calpestati con norme demagogiche contro la solidarietà.
Siano priorità politiche strutturali e di lungo periodo che permettano di preparare i territori ad un’accoglienza diffusa di richiedenti asilo e rifugiati.
Sia priorità, contro ogni semplificazione, affrontare il tema della migrazione nelle sue diverse componenti con responsabilità e lucidità, non strumentalizzandolo o banalizzandolo, eliminando i discorsi di odio, razzismo e xenofobia.