Lontane dalla loro casa, dalla loro famiglia, senza la protezione del loro governo, le donne rifugiate sono particolarmente vulnerabili.
Sono vittime indifese di persecuzioni nel paese di origine e anche durante i terribili viaggi a cui sono costrette dai trafficanti che in cambio di viaggi ai limiti della realtà abusano di loro molto spesso sole e indifese.
Secondo fonti internazionali la maggior parte delle donne costrette alla fuga non arriva a chiedere asilo. Moltissime rimangono per anni nella condizione di sfollate interne, tante altre trovano la morte durante il viaggio o in detenzione. Solo una piccola minoranza riesce a chiedere asilo in Paesi industrializzati.
P. Camillo Ripamonti, presidente Centro Astalli, sottolinea che “è assurdo che nel 2015 dobbiamo ancora ricordare in un giorno stabilito che va bandita ogni forma di violenza contro le donne. Ogni giorno al Centro Astallli incontriamo donne rifugiate, spaventate, vulnerabili. Provengono prevalentemente dai paesi dell’Africa occidentale e orientale (NIgeria, Mali, Costa d’Avorio, Eritrea) arrivano in condizioni psicofisiche gravi, moltissime sono vittime di tortura o hanno dovuto affrontare la perdita dei mariti e dei figli.
Il loro percorso di integrazione deve fare i conti con ostacoli enormi e con il peso di un dolore che spesso è talmente grande da non poter neanche essere raccontato”.