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La trama
La vita di Emir, un musulmano bosniaco, si svolge a cavallo tra un presente in Italia, dove assiste Armando, un ex sacerdote costretto a vivere in sedia a rotelle, e un passato doloroso in patria, dove si è trovato coinvolto nella spirale di violenza di una guerra spaventosa. I due uomini, dopo una ritrosia iniziale, iniziano a conoscersi a fondo, a confessarsi le ferite che la vita ha inflitto alle loro anime. Attraverso i ricordi di Emir emerge il quadro di un paese dilaniato da identità improvvisamente in conflitto, dove ogni pagina di storia diventa motivo di odio tra colleghi, vicini e persino tra familiari. Dove due amici fraterni possono trovarsi a combattere su fronti opposti solo per la loro appartenenza religiosa: salvo poi riabbracciarsi anni dopo, percorrendo le stradine deserte di una Mostar addormentata.
Mondadori 2008, 307 pp.
Un brano
“La nostra generazione è cresciuta in pace grazie al primato dello Stato e di quella che era la sua religione, cioè la legge secondo cui, almeno formalmente, siamo tutti uguali. Se cominciamo a scardinare anche questo principio, amici miei, qui si finisce nel sangue. Siamo troppo incasinati per uscirne indenni. Questi partiti…moltiplicatisi come vermi, non ci porteranno niente di buono. E poi, che c’entra Dio con tutto questo?! Ognuno lo tira per la giacchetta come se fosse solo suo, della sua etnia, ma Dio è di tutti, per chi ci crede. Io la vedo così. Da queste parti per vivere meglio conviene lasciare Dio dove sta. Ognuno lo preghi nella sua lingua e nella sua chiesa, ma in silenzio. In fondo noi siamo come pecore e a Dio non importa da quale cancello entriamo nel suo ovile…” (pp. 107-108).
L’autore
Alen Čustović, scrittore e giornalista, è nato a Mostar nel 1981. In seguito al dilagare della guerra che ha sconvolto l’area della ex Jugoslavia, assieme alla sua famiglia, multietnica per composizione, da ragazzino abbandona l’area in conflitto per dirigersi in Italia. Dapprima in Sardegna, poi a Matera dove vive l’adolescenza e a Roma dove studia alla Sapienza; infine approda a Milano dove attualmente vive con sua moglie. Questo è il suo primo romanzo, che ha vinto il premio letterario Alberto Falck 2007, patrocinato dalla Fondazione Ambrosianeum.
Per riflettere, per discutere
I ricordi di Emir sulla fede vissuta da sua madre e da suo padre sono contraddistinti dalla serenità e dalla tolleranza con cui la sua famiglia viveva la propria identità religiosa: la preghiera discreta, la partecipazione gioiosa alle ricorrenze di tutte le religioni, la profonda amicizia che legava il padre Senad a Ratko, l’amico cristiano. Questo clima è ben descritto dallo scambio di saluti tra i due uomini, che non avevano difficoltà ad usare le formule tipiche della religione dell’altro, cogliendone a pieno il significato profondo: “‘Pomozi Bože i Zbogom, aiutaci Dio e vai con Dio’ diceva Senad sollevando la mano all’altezza del petto. ‘Salam aleikum i Merhaba, la pace sia con te e gloria a Dio’ rispondeva Ratko inclinando appena il capo”.
Per approfondire
Circa la metà dei conflitti in corso nel mondo presentano una dimensione di tipo religioso. Sono “guerre di religione” o sono conflitti politici che strumentalizzano la religione? Sull’argomento esiste una ricca bibliografia e un ampio ventaglio di opinioni. Gli studenti possono approfondire il tema dell’identità religiosa nei conflitti, magari partendo da una ricerca su alcuni “casi” del passato recente o dell’attualità (Irlanda del Nord, Filippine, Bosnia, Sudan…). Un buon saggio da cui partire è quello curato da Paolo Affatato e Emanuele Giordana, Il dio della guerra. Viaggio nei falsi conflitti di religione (Guerini 2002).