Il conflitto armato che da oltre un anno travolge il Sudan con violenti scontri in tutto il territorio non accenna ad arrestarsi. L’ondata di violenza diffusa e il protrarsi dei combattimenti tra l’esercito regolare sudanese guidato dal generale Abdel Fattah al-Burhan e le forze paramilitari delle Rapid Support Forces (RSF) del generale Hemedti, ha già costretto oltre 10 milioni di persone alla fuga (20mila al giorno), 7,9 milioni dentro i confini del Paese e 2,1 milioni nei Paesi limitrofi come Sud Sudan, Ciad, Egitto, Uganda ed Etiopia.
Lo scontro tra le due fazioni ha provocato oltre 15mila vittime tra i civili e ha reso metà della popolazione bisognosa di aiuti umanitari: 25,6 milioni, infatti, sono le persone che si trovano in un’allarmante condizione di insicurezza alimentare e circa 700.000 si trovano sull’orlo della carestia. L’ondata di violenza diffusa ha portato al collasso del sistema sanitario e alla chiusura dell’80% degli ospedali in tutto il Paese. A Khartoum sono pochissime le strutture mediche rimaste operative, mentre le restrizioni alla circolazione del personale medico impediscono a oltre 3 milioni di persone di accedere a cure salvavita. L’abbattimento delle infrastrutture idriche ha incrementato fortemente il rischio di diffusione di malattie infettive come il colera.
Dinanzi alla più grande crisi umanitaria presente nel continente africano, il Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati (JRS) in Ciad e in Sudan del Sud sta accompagnando e assistendo, insieme ad altre organizzazioni associate, i profughi in fuga dal conflitto, distribuendo beni di prima necessità alle persone che necessitano di aiuti umanitari. In particolare, in Ciad il JRS sta fornendo assistenza in ambito educativo per garantire un migliore accesso all’istruzione per i bambini sfollati vulnerabili, compresi quelli con disabilità. In ambito sanitario, in Sud Sudan il Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati sta svolgendo sessioni di riabilitazione e fisioterapia per bambini con mobilità e capacità intellettiva ridotte, offrendo sessioni psicoeducative, consulenze sanitarie e attività di sensibilizzazione per le loro famiglie.
Continua inesorabile l’appello del JRS alla comunità internazionale a non abbandonare il popolo sudanese che soffre da oltre un anno e necessita di un maggiore sostegno per ovviare ad una catastrofe umanitaria sempre più imminente.
Per approfondire leggi l’Annual Report del Jesuit Refugee Service