Responsabili per le morti e le sofferenze dei migranti riportati indietro dalla guardia costiera libica durante le operazioni di salvataggio nel Mediterraneo: sono queste le accuse rivolte a Italia e Unione Europea, contenute in una memoria depositata alla Corte di Strasburgo dalla commissaria per i diritti umani del Consiglio d’Europa, Dunja Mijatovic.
17 migranti, che il 6 novembre 2017 si trovavano su un gommone con a bordo circa 150 persone, hanno intentato un procedimento contro l’Italia. Secondo le testimonianze la nave Ras Jadir della guardia costiera libica, dopo averli intercettati, avrebbe causato con le sue manovre la morte di numerosi migranti. Secondo i sopravvissuti, l’Italia permettendo alla nave libica di prendere parte all’operazione si sarebbe resa corresponsabile dell’accaduto ma anche delle sofferenze causate a coloro che sono stati ricondotti in Libia, dove i migranti – si legge nel rapporto – ”sono spesso sottoposti a tortura, maltrattamenti e altre gravi violazioni dei loro diritti”.
Nel documento viene criticata duramente la collaborazione dell’Italia e delle istituzioni di Bruxelles con la Libia e la sua guardia costiera nella gestione dei flussi migratori: l’attivo coinvolgimento delle navi libiche nelle operazione di intercettazione dei migranti, già a partire dal 2014 l’intervento della navi libiche, avrebbe reso infatti più probabile il loro respingimento in Libia.
In dubbio anche la capacità del centro di coordinamento dei salvataggi di Tripoli e della guardia costiera libica di condurre le operazioni di salvataggio nel pieno rispetto dei diritti e degli standard internazionali della legge del mare, anche per questo – si legge nel documento – l’Italia, ma anche gli altri Stati, non dovrebbero ‘delegargli’ il compito di andare in aiuto dei naufraghi.