In molti non sanno che a Roma, oltre alle ben note catacombe cristiane, ci sono anche diversi siti catacombali ebraici. Fino ad oggi ne sono stati scoperti sei, un numero sicuramente rilevante, data la piccola percentuale di ebrei nella popolazione romana, largamente pagana prima e cristiana poi.
Esistono anche diversi esempi di sepolture pagane, che vengono a volte confuse e chiamate catacombe, ma queste avvenivano più che altro in alcuni ipogei di dimensioni ridotte, ed erano tombe familiari o di famiglie collegate tra loro da qualche vincolo.
Le catacombe ebraiche vennero costruite perlopiù contemporaneamente o in seguito a quelle cristiane, forse su loro imitazione, e per motivi piuttosto simili: in primis, la credenza nella resurrezione dei corpi e della sopravvivenza dell’anima dopo la morte.
Essendo più tarde e avendo subito meno rimaneggiamenti rispetto alle catacombe cristiane – che venivano continuamente ampliate per poter scavare sepolture vicino ai corpi dei martiri e in seguito saccheggiate – sono mediamente meglio conservate, e presentano moltissimi dipinti murali, che ripetono i simboli principali della religione ebraica, quali il pavone, la menorah e l’aron. Presentano anche alcune tipiche sepolture di origine palestinese, fatte “a forno” (kokhim), particolarità dei cimiteri ebraici.
Le catacombe ebraiche sono poi sostanzialmente l’unica testimonianza archeologica di questa comunità, insieme alla sinagoga di Ostia (unica sopravvissuta tra quelle presenti nella Roma antica), e danno l’idea di una comunità abbastanza benestante, vista la ricchezza di molte tombe e le epigrafi che riportano i mestieri svolti in vita.
Sono anch’esse collocate lungo le vie consolari (Nomentana, Appia, Ardeatina e Portuense) e fuori dal pomerio, il confine sacro che delimitava e separava la città dei vivi da quella dei morti, perché per i Romani era sacrilego mischiare i due mondi.
Pochissime sono le eccezioni a questa regola, e le tombe romane dentro al pomerio si possono contare sulle dita di una mano (si ricordi quella di Traiano, che era posta ai piedi della celebre Colonna). Le catacombe ebraiche quindi, così come quelle cristiane e le necropoli pagane, si adeguavano alla tradizione romana di seppellire fuori dalla città, ma in luoghi comunque facilmente raggiungibili.
Praticando l’inumazione, a differenza della tradizione romana dell’incinerazione, erano necessari per ebrei e cristiani cimiteri più grandi rispetto a quelli pagani, e per conservare i corpi per la resurrezione servivano luoghi che non ne permettessero un rapido deperimento. Vincoli solidaristici all’interno della comunità garantivano poi a tutti una degna sepoltura, soprattutto nei periodi di crisi economica e politica, cosa che rendeva questi luoghi in continua attività almeno fino alla caduta dell’impero romano d’occidente e anche oltre.
Foto in anteprima e nel testo: Archivio Centro Astalli/Valentina Pompei
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