Sono 75,9 milioni gli sfollati interni nel 2023, persone costrette a spostarsi all’interno del proprio Paese per raggiungere zone più sicure, il numero più alto mai registrato in tempi moderni. È quanto emerge dall’ultimo Rapporto dell’Internal Displacement Monitoring Centre (IDMC), il principale osservatorio che monitora e analizza gli spostamenti interni delle persone a livello globale.
Tra le cause principali di questi spostamenti vi sono guerre, violenze, disastri ambientali e crisi alimentari. Ad aggravare la già tragica situazione emersa nel 2022 con 71,1 milioni di sfollati interni, è stato lo scoppio della guerra in Sudan il 15 aprile 2023, il protrarsi degli scontri nella provincia del Nord Kivu nella Repubblica Democratica del Congo e la drammatica situazione presente nella Striscia di Gaza dopo gli avvenimenti del 7 ottobre 2023.
Sono 68,3 milioni le persone costrette a spostarsi a causa di guerre e violenze, mentre altre 7,7 milioni sono messe in fuga dall’avvento di eventi metereologici estremi sempre più frequenti, dovuti agli effetti devastanti del cambiamento climatico. Nel 2023 le piogge torrenziali in Pakistan e il tifone Noru nelle Filippine, hanno causato forti inondazioni e portato alla fuga 32,6 milioni di persone.
Negli ultimi cinque anni il numero di persone sfollate internamente a causa di violenze e conflitti è aumentato di 22,6 milioni, un incremento del 50% con i principali picchi registrati nel 2022 e nel 2023. In Sudan, a seguito del conflitto armato esploso a Khartoum il 15 aprile 2023 tra l’esercito regolare sudanese del generale Abdel Fattah al-Burhan e i paramilitari delle Rapid Support Forces (RSF), si registrano 9,1 milioni di sfollati interni, il numero più alto mai registrato in un singolo Paese. Nella maggior parte dei casi a fuggire sono donne e bambini costretti ad allontanarsi dall’ondata di violenza che dilaga ormai in tutto il Sudan. I negoziati di pace intrapresi il 26 ottobre scorso a Jeddah, Arabia Saudita, non hanno portato ad una soluzione militare concreta che possa attenuare il conflitto che ormai si è esteso in tutta la regione del Darfur e che vede un aggravarsi della situazione umanitaria a causa del collasso del sistema sanitario ed economico del Paese.
Gli spostamenti di massa degli ultimi anni hanno creato un impatto notevole sulla situazione di sovraffollamento presente nei campi profughi dove le persone sfollate dipendono in modo esclusivo dagli aiuti umanitari. Secondo i dati dell’Agenzia Onu per i Rifugiati (Unhcr), oltre 1 milione di profughi vivono da anni nell’insediamento di Cox’s Bazar, il più grande campo profughi del mondo che si trova nel sud est del Bangladesh. L’alta densità di popolazione presente nei campi profughi mette a rischio le già precarie condizioni igieniche presenti in questi luoghi, aumentando il rischio di diffusione di gravi epidemie come il morbillo e la polmonite che colpiscono in particolar modo i bambini al di sotto dei 5 anni.
Foto: Jesuit Refugee Service