Ai tempi del tempio di Gerusalemme,

per la comunità ebraica, era abituale impiegare la musica durante il culto. Venivano utilizzati numerosi strumenti musicali, tra i quali il nebhel – arpa grande, il kinnor – arpa piccola, il tof, il tamburello, lo tziltzal, il cimbalo e numerosi strumenti a fiato come la halil – grande zampogna e lo shofar, il corno di ariete.

Lo Shofar è un piccolo corno di montone utilizzato come strumento musicale, soprattutto durante alcune funzioni religiose ebraiche, in particolar modo durante il Rosh Hashana, il Capodanno ebraico, e lo Yom Kippur, il giorno del digiuno. Lo strumento è menzionato spesso nella Torah, nel Talmud e la letteratura rabbinica successiva. Fu il suono dello shofar, suonato dalle nubi che ricoprivano la cima del monte Sinai, che fece tremare il popolo di Israele (Esodo 19,20).

Lo strumento vocale con il tempo ha acquisito sempre più risonanza, specie nella composizione corale. Nella Torah ritroviamo numerose testimonianze che attestano l’uso di cantare e suonare nei momenti di gioia come espressione di lode al Signore. Oggi, nel mondo, esistono diversi cori ebraici che, attraverso la musica, portano di nazione in nazione la storia e le millenarie tradizioni dell’ebraismo. Nel 2014, sbarcato per la prima volta in Italia, ha avuto luogo a Roma il Festival Europeo dei Cori Ebraici.

Coro Ha-Kol – Halcha Lekeisarya (Eli, Eli)

Il Coro HA-KOL (La Voce) è stato fondato nel 1993 nella Comunità Ebraica di Roma, una tra le più antiche d’Europa. Ha come obiettivo quello di riscoprire, conservare e divulgare, anche al di fuori della sinagoga, le tradizioni musicali ebraiche delle varie epoche. Il repertorio si è progressivamente arricchito, accogliendo musiche del mondo ebraico sefardita e ashkenazita, come pure del musical contemporaneo, ispirato ad argomenti di vita ebraica. Il Coro Ha-Kol ha fatto suo l’insegnamento di Giacobbe: “Prendete la melodia della terra di Israele” (Gen. 43,11).
Curiosità: Un rap per la pace…

Matthew Paul Miller, in arte Matisyahu, nasce a West Chester in Pennsylvania (Usa), da una famiglia ebraica ortodossa. Dopo un primo allontanamento dalla religione, si riavvicina alla sua fede e comincia uno studio intenso della Torah. Nel 2001 inizia scrivere canzoni i cui testi, attraverso varie sonorità (rap, l’hip hop, reggae), scelgono di usare la musica per predicare la fratellanza tra i popoli: «Per me, il punto è andare dove non c’ è spiritualità e portare nuovi messaggi. Così la musica può servire anche per unire popoli e abbattere barriere, come quelle tra ebrei e arabi». Il brano “One day”, in cui il cantante si augura che, con l’aiuto nel Signore, un giorno, possa cessare la violenza e l’odio tra popoli.

Matisyahu – One day
La preghiera delle madri

Nel 2014 in Israele è nato il movimento delle “Donne per la pace”Women Wage Peace, che nell’ottobre 2016 ha raccolto in una marcia per la pace dal nord di Israele a Gerusalemme circa 4mila donne coraggiose di diverse religioni.

La cantante israelo – canadese Yael Deckelbaum ha scritto il brano The prayer of the mothersla preghiera delle madri. Il brano, realizzato in lingua ebraica e araba, è stato cantato da centinaia di donne ebree e musulmane durante la marcia di 200 km verso Gerusalemme; madri e donne di tutte le religioni si ritrovano insieme a cantare, ognuna secondo la sua tradizione e cultura, ma unite dal desiderio di costruire insieme una convivenza possibile.

Yael Deckelbaum – The prayer of the mothers

Light in Babylon: La musica come linguaggio universale

I Light in Babylon sono una Band internazionale nata nel 2010 in Turchia, formata dalla cantante israelo-iraniana Michal Elia Kamal, dal chitarrista francese Julien Demarque e dal suonatore di santur (strumento a percussione iraniano, diffuso in tutto il Medio Oriente) Metehan Çiftçi, di nazionalità turca.

I tre hanno iniziato ad esibirsi insieme nelle strade di Istanbul utilizzando il nome Light in Babylon, riprendendo il mito biblico della Torre di Babele, in modo da sottolineare come la musica abbia permesso al trio di suonare e comprendersi nonostante le differenze linguistiche iniziali. Il loro stile abbraccia vari generi: dal folk turco, alla musica Mizhraì (comunità ebraiche del Maghreb e del Medio Oriente), mescolando i ritmi balcanici delle tradizioni gitane con la musica classica e pop. All’interno dei loro album alternano lingue differenti, combinando insieme ebraico, turco, persiano e inglese.

Durante un’intervista su Euronews del 2017, Michal Elia Kamal racconta: Ci scrivono persone di diverse religioni, ebrei, cristiani ma anche atei, tutti quanti ci dicono la stessa cosa: la vostra musica è qualcosa di particolare. Andiamo oltre il linguaggio e la cultura, noi parliamo degli esseri umani, come noi.

Guarda e ascolta Kipur  dei Light in Babylon con una bellissima danza Sufi


Ascolta anche The women of Teheran

Anche il Cristianesimo, nelle sue varie ramificazioni,

ha sviluppato nel tempo varie forme di musica religiosa. È possibile distinguere la musica sacra dalla musica liturgica e da quella spirituale. La musica sacra è una musica considerata come essenziale a una persona o a una comunità, dal punto di vista religioso. Può contenere testi sacri o preghiere e può avere un carattere individuale e/o comunitario. La musica liturgica è una musica legata al rituale liturgico, specifica per determinati culti. La musica spirituale è una musica che permette di elevare l’anima a Dio, senza essere però obbligatoriamente inserita in un contesto di una pratica religiosa. Anche una musica “profana” può essere considerata spirituale.

Una musica religiosa può anche essere una combinazione di questi tre caratteri.
In particolare, la Chiesa cattolica, considera musica sacra il canto gregoriano, la polifonia sacra antica e moderna nei suoi diversi generi, la musica sacra per organo e altri strumenti ammessi nella liturgia, e il canto popolare sacro, cioè liturgico e religioso.

Canto in aramaico per Papa Francesco in visita nella cattedrale di Svetitskhoveli in Georgia

L’organo, che ha tuttora un ruolo di primo piano nella musica sacra e nella liturgia, è uno strumento musicale della famiglia degli aerofoni che viene suonato per mezzo di una o più tastiere e di una pedaliera il cui suono è prodotto da un sistema di canne, metalliche o di legno. Prima di essere scelto come strumento privilegiato all’interno delle varie chiese europee d’impronta cristiana, ha svolto diversissime funzioni, nel mondo ellenico, bizantino, romano e medievale. Nell’872 papa Giovanni VIII chiese l’invio a Roma di un organo costruito in Baviera, assieme allo specialista che sapeva suonarlo, per l’apprendimento della musica da parte dei chierici romani.

A seguito della Riforma Protestante (1517) e alla traduzione dei testi sacri in lingua volgare, nelle chiese cristiane vennero introdotti i canti popolari. La forma corale era quella prediletta e coinvolgeva i partecipanti alla funzione. La parola cantata permetteva, infatti, anche ai credenti incolti di imparare facilmente le preghiere e i temi della fede cristiana.

Uno dei canti popolari sopravvissuti in America fino ai giorni nostri è lo Spiritual, precursore del più conosciuto genere Gospel (vangelo), la cui nascita è strettamente legata all’Africa e alla schiavitù nelle colonie americane. Gli schiavi infatti usavano spesso gli inni religiosi per darsi coraggio e per riprodurre anche la loro religiosità in un contesto altro, duro e difficile. A volte i temi legati alla vita ultraterrena rappresentavano invece la speranza di liberazione dalla schiavitù. Quando i loro padroni gli vietavano di usare i loro strumenti musicali o di cantare musica religiosa, inizio a prendere piede il genere musicale chiamato worksong, i canti da lavoro o grida nei campi, che gli schiavi usavano, oltre che per dare un ritmo al lavoro anche per scambiarsi messaggi in codice. Da qui nasce il Blues, con il famoso ritmo shuffle, che imita attraverso il ritmo, il suono delle catene trascinate a cui erano legati gli schiavi. Oggi, nel mondo, i cori gospel sono molto numerosi, soprattutto nelle cosiddette “chiese nere” degli Stati Uniti.

Per approfondire, leggi il libro: La musica dei neri americani. Dai canti degli schiavi ai Public Enemy” di Eileen Southern
L’ Harlem Gospel Choir, affettuosamente chiamato dai suoi fans “Gente di Dio che viene da Harlem”, è il coro gospel più famoso d’America e uno dei più celebri in tutto il mondo. Fondato nel 1986 da Allen Bailey, il coro è composto dalle più raffinate voci e dai migliori musicisti delle chiese nere di New York, che da anni portano la loro musica in diversi Paesi. L’obiettivo è quello di far comprendere meglio la cultura afro-americana e la musica gospel con il tema “bringing people & nations together”, ovvero il desiderio di riconciliare i popoli e le nazioni condividendo la gioia della Fede attraverso la musica.
Harlem Gospel Choir – Amazing Grace
Curiosità: Il musicista – pastore di Porto Rico…

Aleexis Velez Alberio, in arte Alex Zurdo nasce il 10 giugno del 1983, nella città di Trujillo Alto, Porto Rico. A 11 anni scrive le sue prime canzoni rap e a 13 impara a suonare il pianoforte. Quando ne compie 19 comincia a frequentare la chiesa cristiana Centro internacional de Alabanza (CIA) e con il passare degli anni si rende conto che con le sue doti artistiche avrebbe potuto raggiungere più persone con il messaggio della salvezza iniziando così il suo ministero musicale.

Proponiamo uno degli ultimi brani del rapper, El Pastor, che racconta il dissidio interiore di un pastore alle prese con le problematiche della sua comunità, che mette la sua vita nelle mani di Dio.

Ascolta il brano “El Pastor” di Alex Zurdo

Alex Zurdo – El Pastor
Approfondimento tematico: La messa cantata tra classicità e innovazione

La messa cantata, nell’arco dei secoli, è stato uno degli elementi che ha permesso al Cristianesimo di inculturarsi nei differenti continenti, assumendo forme musicali tipiche dei luoghi, pur mantenendo intatto il messaggio cristiano, esplicitato frequentemente dal testo latino, lingua ufficiale della Chiesa fino al Concilio Vaticano II.

Le origini: La messa come genere musicale ha avuto il momento di massimo splendore durante il Rinascimento, quando venne utilizzata come mezzo espressivo privilegiato da molti compositori. Molte messe importanti furono composte da Josquin Des Prez. Famosa la messa Et ecce terrae motus a 12 voci di Antoine Brumel. Alla fine del XVI secolo, le corali contrappuntuali a cappella raggiunsero l’apoteosi con le messe dell’inglese William Byrd, dello spagnolo Tomás Luis de Victoria e dell’italiano Giovanni Pierluigi da Palestrina. Famosa la Missa Papae Marcelli  a cui si deve, secondo la tradizione, che il Concilio di Trento non abbia censurato la polifonia.

Dopo il Rinascimento, la Messa non fu più il genere al centro dell’attenzione di ogni compositore, anche se alcuni dei più famosi capolavori del barocco, del periodo classico e romantico sono proprio delle messe. Tra queste, la Messa in Si minore di Johann Sebastian Bach, la Messa in Do minore di Wolfgang Amadeus Mozart, le messe di Joseph Haydn, la Missa Solemnis e la Messa in Do Maggiore di Ludwig Van Beethoven. Altre messe importanti sono state composte dopo Schubert, ma si tratta quasi invariabilmente di Requiem.

Le parti: la messa è una composizione musicale che comprende un insieme coerente di parti, che potevano anche servire come accompagnamento alla liturgia eucaristica o Celebrazione Eucaristica, prevalentemente quella della Chiesa cattolica, ma anche della chiesa anglicana o luterana.
I testi cantati sono generalmente in lingua latina, ma dopo il Concilio Vaticano II (anni ’60) si comincia a tradurre i testi nelle rispettive lingue dei paesi.
Nel tempo, soprattutto a partire dalla polifonia (periodo rinascimentale), la messa si è stabilizzata nei seguenti momenti: KyrieGloriaCredoSanctus ed Agnus Dei, pezzi cioè che sono comuni a tutte le celebrazioni liturgiche.

Scarica l'approfondimento "Le messe cantate nel mondo"
 

Il Sufismo è la forma di ricerca mistica

o altrimenti detta la dimensione esoterica dell’Islam, che riguarda la conoscenza diretta di Dio, anche attraverso la musica e i movimenti del corpo. I sufi appartengono a diversi ordini, formatesi attorno ad un maestro. Si riuniscono spesso per la ricerca contemplativa condivisa, una sorta di unione spirituale chiamata majalis, in luoghi d’incontro detti zawiyakhanqa o tekke.

La preghiera avviene con l’accompagnamento del nay, il flauto di canna, dei tamburi, di cordofoni, ma anche attraverso la voce, con la ripetizione della sillaba hu, Lui, Allah, a cui seguono quelle della professione di fede: La illaha illa-llah, “Non c’è Dio all’infuori di Dio”. Così facendo, i Sufi riescono a proiettarsi in una dimensione spirituale e a percepire il suono etereo della Creazione, la voce di Dio che l’umanità dimentica quando, nascendo, il corpo materiale imprigiona l’anima.
La hadra è il rito spirituale centrale degli ordini sufi è lo sforzo di tutti i partecipanti di essere alla presenza del Divino.

A Roma è presente l’ordine sufi Tariqa Burhaniya Disuqiya Shadhuliya – (tariqa), fondato da Sayyidi Abul Hasan ash-Shadhuli e da Sayyidi Ibrahim Disuqi nel tredicesimo secolo, ai quali sono seguiti numerosi maestri . È una confraternita, aperta sia agli uomini che alle donne, che raccoglie numerosi seguaci in tutto il mondo, ma che affonda le sue radici soprattutto in Africa. Cantare le Qasaid, raccolta di poemi del maestro Mawlana Sheykh Muhammad Uthman Abdul Burhani, è un elemento centrale della pratica spirituale dell’ordine sufi Tariqa Burhaniya.

Le qasad – la musica da dentro – Finora, esistono 95 brani, scritti in lingua araba, in cui si loda Allah, i profeti, i santi e le sante. Il canto delle qasaid viene dal cuore per toccare il cuore. Il ritmo è basato su un regolare battito del cuore, dato dal battere delle mani o dai tamburi la cui velocità aumenta spesso con l’aumentare delle emozioni. Il cantore principale introduce il ritornello a sua scelta e il coro lo ripete (anche due volte) dopo ogni verso che il cantante intona. Vi sono poi i sama’i, detti anche qasaid “silenziose”, in cui solo una voce, senza alcun accompagnamento, è libera di seguire la sua ispirazione.
Curiosità: Una raccolta di musica sufi…

Nel mondo numerosi cantanti hanno fatto propria la musica sufi, rivisitandola e incorporandola nel proprio repertorio. Nel 2010 alcuni artisti del continente asiatico, come A.R Rahman e Barkha Baha, hanno avvicinato la musica sufi alle nuove generazioni con una compilation di canzoni sufi, Sufiaana, divise in 5 categorie: Sufi LoveSufi EuphoriaSoulful SufiTimeless Sufi e Traditional Sufi.

La canzone O Re Piya di Aaja Nachle, è tratta dalla categoria Sufi Love, che ripropone le colonne sonore sufi dei film più popolari.

Aaja Nachle – O Re Piya
Mona Haydar, la rapper che difende i diritti delle donne

Mona Haydar è una rapper, poetessa, attivista, meditatrice, e instancabile appassionata di Dio. Pratica una vita di sacro attivismo, poesia, contemplazione e advocacy. Oltre a tenere concerti, continua a eseguire la sua poesia, offre workshop e tiene ritiri, conferenze e insegna nelle università di tutto il mondo.

La canzone di debutto di Mona Haydar, Hijabi – Wrap My Hijab è stata definita una delle migliori canzoni di protesta del 2017, nominata uno dei 25 migliori inni femministi di tutti i tempi. Cresciuta a Flint, nel Michigan, come siriana e americana, Mona ha sviluppato il suo suono che è profondamente radicato nella sua sensibilità e identità plurale. Il suo scopo è quello di far emergere il ruolo del velo islamico, l’Hijab, e gli aspetti principali dell’Islam.

Canti di pace dal mondo islamico…

Sami Yusuf è un famoso cantautore britannico di origine azera.  La musica di Yusuf ha come principale tema l’Islam e l’essere musulmani al giorno d’oggi, ma tratta anche molte questioni sociali e umanitarie.

Lo scopo della sua musica è quello di promuovere un messaggio dell’amore, di ringraziamento al divino,  di pace e di tolleranza, incoraggiando i giovani ad essere orgogliosi della propria appartenenza religiosa.

Sami  Yusuf – Forgotten promises

 

Nel Buddhismo la musica e il canto hanno un forte valore simbolico,

specie durante le cerimonie monastiche e nei momenti dedicati alla meditazione. Ci sono strumenti a percussione come il grande tamburo da preghiera, che scandisce i tempi nei monasteri, strumenti che producono tintinnii, campanestrumenti a corda da pizzicare, conchiglie e cimbali.

Nella tradizione buddhista tibetana le conchiglie marine con il loro suono ricordano l’adempimento dei doveri quotidiani. Le campane tibetane riproducono la conformazione della calotta cranica e vengono utilizzate per accompagnare la meditazione. Vi sono numerosi strumenti a fiato come il radong, un corno, la kanglinguna tromba rituale ricavata da un femore umano o da un osso di animale o la dung chen, tromba di ottone che viene suonata in coppia.

Nella tradizione zen giapponese è molto noto lo shakuhachi, flauto che presenta cinque fori digitali, e ne esistono dieci misure: la più piccola di circa 39 cm, la maggiore di 91 cm.

Il radong è un lungo corno telescopico, generalmente sorretto da più persone, composto da tre parti incastrate una nell’altra e può raggiungere anche i quattro metri di lunghezza. Il suo suono estremamente grave e solitamente viene utilizzato per aprire cerimonie e festeggiamenti. Viene sempre suonato in coppia per garantire la continuità del suono.

La musica tibetana religiosa e rituale, con i suoi strumenti che producono sonorità particolari, è un potente mezzo per entrare in rapporto con le energie presenti in natura. È una musica ricca di tonalità modulate per provocare sensazioni e vibrazioni che possono condurre all’estasi. Vari artisti nel mondo hanno composto musiche cerimoniali o di sostegno alla meditazione e numerose sono le interpretazioni vocali dei vari sutra.

Ani Choying Drolma è una monaca buddhista del monastero Nagi Gompa in Nepal. È una cantante e musicista di fama internazionale, nota per aver tradotto in musica diversi canti della tradizione buddhista tibetana. È stata recentemente nominata Ambasciatore di buona volontà dell’UNICEF in Nepal. Molto noto è il brano in cui l’artista interpreta il mantra della compassione.

Ascolta il “Great Compassion Mantra” cantato da Ani Choying Drolma

Ascolta Ani Choying Drolma- Heart Sutra (Nepali Version)

Curiosità: Un sutra dal cuore della Cina…

Faye Wong  è una famosa cantante e attrice cinese, molto nota per la sua interpretazione del Sutra del cuore in cinese mandarino. Proponiamo la suggestiva performance live del 2009 al Famen Temple, nella provincia di Shaanxi, Cina, in cui l’interprete è accompagnata dal canto dei monaci.

Faye Wong – Heart sutra

L’induismo ha sempre manifestato la propria fede e devozione attraverso la musica.

La pratica del kirtan ad esempio consiste nella recita cantata di mantra con accompagnamento musicale. È una delle tante forme di invocazione o di preghiera quando si ricerca un contatto con l’assoluto concepita come una sequenza di suoni emessi attraverso la riproduzione di particolari onde e vibrazioni. La musica diventa così un mezzo espressivo per suscitare sentimenti ed emozioni nell’individuo ad elevarlo verso i piani spirituali, diventando strumento di culto.

Alcuni noti strumenti indiani usati per l’accompagnamento dei mantra sono il sitar, un liuto dotato di tre corde (Si = tre e Tar = corde), l’esraj, uno strumento ad arco, l’harmonium, una sorta di organo o il santoor, un particolare tipo di percussione.

Il flauto indiano o bansuri è un tipo di flauto traverso fabbricato con canne di bambu. È  uno dei più antichi e noti strumenti musicali della musica classica indiana; si infatti dice che la divinità induista Krishna sia un maestro dello strumento, così come Gaṇeśa la divinità con la testa di elefante, viene spesso raffigurata nell’atto di suonare un flauto.
Le discipline della danza, della musica e del canto aiutano ad ottenere una mente sottile che può percepire la profondità della creazione. L’interrelazione tra tutti gli esseri del creato è la stessa che esiste tra le note musicali; la manifestazione è una straordinaria melodia come un raga nel quale le note, unendosi, deliziano la mente. Per bhajan si intende un particolare tipo di canto devozionale della tradizione induista, caratterizzato da eseguito abitualmente nei templi e nelle case dei fedeli induisti, diffuso particolarmente nel Nord dell’India e nel Nepal. Costituisce una parte importante del rituale della puja, l’adorazione delle divinità. 
La recitazione del Veda, in particolare del Sama Veda, accorda grande importanza alla notazione musicale, al suono e al canto musicale.
Sama Veda – Colui che conosce le sfumature del suono del liuto, grazie alla conoscenza della shruti e della combinazione delle scale delle note, e ha la comprensione di ciò che è reale, senza sforzo raggiunge il fine ultimo, moksha.

Ascolta: Universal Peace Mantra With LyricsOm Purnamadah11 TimesSpiritual Chants – Peace Mantra With Lyrics | Om Purnamadah Purnamidam Purnat Purnamudachyate

Curiosità: Un rap su Ganesha…

Nicholas Giacomini, in arte MC Yogi è un musicista e rapper americano i cui testi contengono storie e tradizioni delle divinità induiste. Molte delle sue canzoni sono considerate bhajans. Proponiamo la canzone Ganesh is fresh, che racconta le caratteristiche e le avventure della divinità con la testa di elefante.

MC Yogi – Ganesh is fresh
 

Kirtan, abbreviazione di Shabad Kirtan,

è la musica devozionale e rituale del Sikhismo. In relazione alla musica indostana dalla quale prende in prestito alcuni raga e alcuni strumenti, il kirtan mette in musica la shabad o parola santa, di solito risultante dagli scritti sikh soprattutto del Guru Granth Sahib, il libro sacro, risalente al 1604 e composto da 5.894 inni. In tutti i casi, ad essere cantate sono solo le gurbani, le parole dei guru del sikhismo.

Gli Shabad sono i canti religiosi dei Sikh, cantati nei Gurdwara (lett. Casa di Dio) durante le celebrazioni religiose. Si racconta che Guru Nanak (1469-1539) mistico e fondatore della religione Sikh, viaggiò attraverso tutta l’India con il suo rabab –  strumento a corde di origine araba – e il suo compagno Mardana, componendo brani e diffondendo il messaggio di Dio sotto forma di musica. Questi shabad, furono raccolti e costituiscono una parte dell’Adi Grantha Sahib, le Sacre Scritture Sikh. Esistono tre stili diversi di shabad: quelli basati sui raga, quelli tradizionali descritti nell’Adi Grantha Sahib ed infine quelli che si basano su melodie più leggere e recenti.

Tra i sikh, pratica e ascolto sono forme di meditazione, un supporto all’insegnamento spirituale, quello dei guru e un modo di comunicare con il divino. Queste preghiere sikh vanno recitate ogni giorno anche senza musica. Questa tradizione è stata fondata nel 1521 da Guru Nanak e fa parte del codice di condotta dei sikh, il Rehat Maryada come la preghiera detta ardas. Una famosa frase sikh dice: “Il vero kirtan viene eseguito ogni giorno attraverso le sue parole, i suoi pensieri, le sue azioni”.

Lo shabad inizia con lo sthayi – la prima parte di molte composizioni che viene cantata con toni crescenti – e chiude con un antara, dalla parola antar che significa differenza, la seconda parte della composizione. I canti shabad vengono accompagnati dal tabla, strumento a percussione, dal dholak piccolo tamburo, e dal chimta – lungo sonaglio a tenaglia.

Le tabla sono un tipo di tamburo indiano che consiste in una cassa di legno o terracotta, sulla quale è tesa, mediante legacci, una pelle la cui tensione si può modificare ruotando dei cilindretti, collocati tra il fusto e le stringhe di cuoio utilizzate per allacciare la pelle stessa. È composto da due corpi di forme e dimensioni diverse dotati, al centro della membrana, di un cerchio di pasta nera (sihai) composta di manganese, riso bollito e succo di tamarindo, grazie alla quale si ottiene una sonorità particolarmente armonica.

Guru Nanak, uno dei dieci guro Sikh amava comporre e cantare inni sacri, meditare e vivere nella giungla. Egli manifestò tendenze mistiche si interessò al Sufismo, corrente mistica dell’Islam, che fa un grande uso della musica per la preghiera.

The music of the Gurdwara Sikh temple
Curiosità: Dal solenne Tempio D’Oro, sonorità moderne…

Daljit Singh Dosanjh, in arte Diljit Dosanjh, nasce in un piccolo villaggio nel Punjab, in India. Dosanjh è oggi riconosciuto come uno degli artisti più importanti nel panorama musicale Sikh Punjabi. Ha inciso numerosi brani in cui racconta gli usi, i costumi, i concetti e le storie della sua religione, debuttando con l’album Sikh, come la canzone Gobind De Lal.

Ascolta il brano “Gobind De Lal” di Diljit Dosanjh

Foto in anteprima: Archivio Centro Astalli

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