L’Andalusia è una delle 17 comunità autonome della Spagna. È composta da otto province: Almería, Cadice, Cordova, Granada, Huelva, Jaén, Malaga e Siviglia.

È la regione più popolata e la seconda più estesa. La sua storia e la sua cultura sono il risultato di un processo complesso che ha raccolto, nel corso del tempo, popoli e culture diverse, nonché diverse realtà socio-economiche e politiche. Il passaggio di iberi, cartaginesi, romani, vandali, visigoti, bizantini e musulmani, ha lasciato un’importante traccia sul territorio.

Il toponimo “Andalusia” è stato introdotto nella lingua castigliana durante il XIII secolo, nella forma “el Andalucía”, termine che fa riferimento alla parola araba Al-Andalus, il nome dato ai territori della penisola iberica sotto il governo islamico dal 711 al 1492.

Oggi, in Andalusia, convivono circa 15 religioni diverse. Secondo i dati dell’Osservatorio del pluralismo religioso in Spagna, sono registrati 1.062 luoghi di culto di 14 religioni che la collocano come la regione con la maggior presenza di pluralismo religioso in Spagna, dopo la Catalogna.

Ebraismo e Islam

In Andalusia, come nel resto della penisola iberica, hanno vissuto insieme alle comunità cristiane anche quelle ebraiche e musulmane, fino a quando non furono espulsi con la conquista castigliana nei secoli XV e XVII. La tradizione ebraica in Andalusia è confermata dalla presenza di ebrei in quasi tutte le città importanti dell’epoca, da città interamente ebraiche come Lucena e da figure illustri come il filosofo Maimonide. Il giudaismo tornerà nella regione dopo la Guerra d’Africa.

La religione islamica è riapparsa sul territorio andaluso con il fenomeno dell’immigrazione che ha portato all’apertura di numerose moschee nelle città spagnole. La moschea Basharat, nella città di Cordova, inaugurata nel 1982, è stata la prima moschea costruita in Spagna dopo 700 anni.

Quattro passi nella storia

La Cattedrale “Santa Maria” di Siviglia

Cattedrale di SivigliaLa Cattedrale sorge sulle fondamenta dell’antica moschea di Almohadi, costruita alla fine del XII secolo su iniziativa del califfo Abú Yuqub Yusuf. Della moschea, oggi, è possibile apprezzare solo il minareto, divenuto la famosa Giralda, che esercita la funzione di torre e campanile della Cattedrale. Infatti, a metà del XIII secolo, ha inizio quel periodo in cui gli edifici musulmani vennero predisposti a uso cristiano. Con la conquista della città di Siviglia da parte di Ferdinando III di Castiglia, la moschea venne in parte distrutta per permettere la costruzione della cattedrale di Santa Maria. Nei secoli successivi, sia la Giralda che il resto dell’edificio, subirono varie modifiche ed estensioni fino a costituire, oggi, una delle cattedrali gotiche più grandi del mondo.

Interessante è la presenza di ben dieci porte: la principale è la Porta dell’Assunzione. Poi ci sono la Porta del Battesimo, la Porta della Nascita, quella del Principe, delle Campane, dei Bastoncini, della Lucertola, della Concezione e del Tabernacolo. L’ultima porta, la Porta del Perdono, è la più antica e l’unica conservata dalla vecchia moschea. L’interno è composto da cinque navate e da numerose cappelle e altari. Uno degli spazi più sorprendenti è la Cappella Reale, dove riposano i resti di numerosi monarchi. Inoltre, è anche possibile visitare la tomba di Cristoforo Colombo. La Pala d’Altare (nell’Altare Maggiore) merita una menzione speciale: è la più grande pala d’altare nella storia della cristianità, un’opera d’arte gigantesca. Realizzata in legno policromo, è costituita da un insieme di 44 rilievi e più di 200 figure di santi che ricoprono quasi 400 metri quadrati di superficie.

L’Alhambra di Granada

Il rapporto dell’Andalusia con l’Islam risale all’ottavo secolo e fa parte della storia di questa regione, della Spagna e, a sua volta, della storia islamica. Tra il XVII secolo e la metà del XX secolo, le comunità musulmane ufficiali scompaiono dal Paese. Tuttavia, le relazioni ininterrotte con il Nord Africa dimostrano che c’è sempre stata una presenza islamica, più o meno visibile, nel corso del tempo.

L’Alhambra era originariamente, nell’889 d.C., una piccola fortezza costruita sui resti delle fortificazioni romane, fu poi in gran parte ignorata fino a quando le sue rovine furono restaurate nella metà del XIII secolo dall’emiro nasride Mohammed ben Al-Ahmar dell’Emirato di Granada, che ha costruito il suo attuale palazzo e le mura. Fu trasformato in palazzo reale nel 1333 da Yusuf I, Sultano di Granada. Dopo la conclusione della riconquista cristiana nel 1492, il sito divenne la Corte reale di Ferdinando e Isabella (dove Cristoforo Colombo ricevette l’approvazione reale per la sua spedizione) e i palazzi furono parzialmente modificati in stile rinascimentale.

L’Alhambra è una testimonianza della cultura moresca in Spagna e delle abilità di artigiani e costruttori musulmani, ebrei e cristiani dell’epoca. Etimologicamente, “Alhambra” deriva dalla parola araba “al-Hamrā’”(الحمراء), “La Rossa”, o più precisamente “fortezza rossa”, dato che il nome intero era “al-qalah al-hamrā’”. Termine che probabilmente si riferisce al colore rossastro delle mura che la circondavano. Nel 1984 diventò Patrimonio Culturale dell’Umanità e fu anche nominata tra i 21 finalisti per le sette meraviglie del mondo moderno.

La Moschea-Cattedrale di Cordova

La costruzione sorge sulla struttura dell’antica chiesa visigota di San Vincenzo Martire. Quando i musulmani occuparono Cordova nel 756, la Chiesa fu inizialmente suddivisa e usata contemporaneamente da cristiani e musulmani. Successivamente, nel 786, l’emiro ‘Abd al-Rahman I intraprese la costruzione vera e propria della grande moschea. Con 23.400 metri quadrati era la seconda moschea più grande del mondo dopo la Moschea della Mecca. Fu superata poi, per grandezza, nel 1588, dalla Moschea Blu di Istanbul. Una delle sue particolarità stava nel muro di Qibla che non era orientato verso la Mecca, ma 51 gradi in più verso sud, caratteristica comune nelle moschee di al-Ándalus.

Nel 1238, con la riconquista cristiana di Ferdinando III di Castiglia della città, la moschea fu consacrata e convertita in cattedrale. L’edificio fu poi ampliato nel corso dei secoli. Nel 1523, fu costruita la sua basilica cruciforme rinascimentale. Oggi, l’intero complesso costituisce il monumento più importante di Cordova, e anche di tutta l’architettura andalusa, insieme all’Alhambra, nonché il più emblematico dell’arte ispano-musulmana.

La cattedrale di Jaen

Dopo la demolizione della precedente chiesa gotica, che in origine nasce come moschea, si decise di costruire una nuova cattedrale nel 1494.

All’interno si possono notare decorazioni di diversi stili: rinascimentale, barocco, neoclassico. Nelle navate laterali sono presenti quattordici cappelle che, sommate alle due che si trovano a fianco dell’altare principale, portano il totale a sedici. Una delle curiosità di questa cattedrale è che, al suo interno, si trova l’immagine più antica di Cristo esistente nella penisola iberica. Risale al V secolo e per le sue caratteristiche sembra un’icona bizantina.

È considerato uno dei panni di Santa Veronica, che secondo la tradizione cristiana è la donna che, vedendo la passione di Gesù durante la via crucis, si avvicinò con un panno di lino per pulire il suo volto sporco di sudore e sangue. Su quel panno sarebbe rimasta l’impronta del viso di Gesù.

La sinagoga di Cordova 

Le origini della cultura ebraica nella penisola iberica, territorio dagli ebrei chiamato Sefarad, sono piuttosto incerte, ma sappiamo che la presenza di comunità ebraiche risale al periodo visigoto. Dal III Concilio di Toledo, nel 589, gli ebrei iniziarono ad essere visti come nemici dell’unità religiosa della Spagna. Il crescente antisemitismo nel regno visigoto è stato probabilmente un fattore decisivo al sostegno dell’arrivo dei musulmani a partire dal 711.

Gli ebrei continuarono a vivere nelle loro città, ma in quartieri separati chiamati “Juderias” (quartieri ebraici), e molti raggiunsero persino posizioni importanti nel governo del califfato Omayyade o nella corte dei Nasridi di Granada. Con l’avanzare delle conquiste dei territori andalusi, i quartieri ebraici continuarono a funzionare, ma il rifiuto dei cristiani verso gli ebrei stava crescendo fino ad arrivare alla loro espulsione dalla penisola con un decreto dei monarchi cattolici del 1492. Gli ebrei sefarditi, attraverso la loro diaspora, hanno portato la cultura ispanica in varie parti del mondo, mantenendo una lingua derivata dal medievale castigliano. Dopo l’espulsione degli ebrei nel 1492, la sinagoga di Cordova fu presa dalle autorità e trasformata in un ospedale per persone che soffrivano di rabbia (idrofobia) e, più avanti, venne adibita a centro comunitario con una piccola cappella e una scuola per l’infanzia. Fu poi dichiarato Monumento Nazionale nel 1885 e da allora ha subito diverse fasi di restauro.

L’edificio fu costruito nel 1315 da Isaq Moheb, secondo quanto riportato sull’iscrizione conservata all’interno. È stata l’unica sinagoga dell’Andalusia a sfuggire alla distruzione durante gli anni delle persecuzioni e una delle tre uniche sinagoghe esistenti in Spagna da quel periodo (le altre due si trovano nella città di Toledo). Sebbene non funzioni più come luogo di culto ebraico, è aperta al pubblico.

Lo Stupa dell’Illuminazione

Il termine stupa può essere tradotto come “monumento spirituale”; generalmente gli stupa rappresentano un evento importante nella vita del Buddha. Quello di Benalmádena in provincia di Malaga, è dedicato all’illuminazione. Si tratta di uno stupa buddista tibetano di 33 metri di altezza, caratteristica che lo rende il più grande stupa attualmente presente in Occidente. Inaugurato il 5 ottobre 2003, è stato l’ultimo progetto del maestro buddista Lopon Tsechu Rinpoche. Lo Stupa dell’Illuminazione rappresenta la pace, la prosperità e l’armonia, mentre serve come luogo di meditazione e rifugio di reliquiari.

Gli stupa sono generalmente monumenti chiusi, tuttavia questo stupa è aperto e, all’interno della struttura, ha una sala di meditazione di 100 m² e un seminterrato che, di solito, ospita reperti sul buddismo tibetano e sulla cultura himalayana. Le pareti della sala di meditazione sono decorate con la storia della vita del Buddha Siddhartha Gautama.

Tradizioni Andaluse

Settimana Santa di Siviglia

La Settimana Santa di Siviglia ha inizio il giorno della Domenica delle Palme e termina in corrispondenza della Pasqua. La devozione religiosa, l’arte, il colore e la musica si combinano tra loro per dar vita a numerose processioni dove circa 60 confraternite trasportano, su dei baldacchini, statue relative alla passione di Cristo. Le più famose sono quelle che raffigurano la Vergine Maria con corone d’argento e oro, mantelli ricamati e tuniche di velluto che lasciano scoperti solo viso e mani.

Le origini della Settimana Santa di Siviglia risalgono al XVI secolo. Ai “costaleros” che portano sulle loro spalle i “pasos” (statue religiose) al suono di tamburi e musica, si aggiungono circa 50.000 persone che indossano abiti tradizionali per sfilare nelle 58 processioni organizzate. Ogni confraternita parte dalla sua chiesa di riferimento e segue un percorso prestabilito, sebbene tutti debbano superare la cosiddetta “sezione ufficiale”, che inizia in Calle Campana e termina passando per la Cattedrale, per poi tornare indietro seguendo un percorso diverso da quello dell’andata. Le “saette” sono momenti molto emozionanti delle processioni: sono canzoni di flamenco, recitate a cappella dai balconi delle case in onore delle statue.

Le prime ore del Venerdì Santo costituiscono il momento più importante delle celebrazioni della settimana. Quella notte, alcune delle statue più venerate si mostrano per le strade, come “Jesús del Gran Poder”, la “Macarena”, “l’Esperanza de Triana” e “l’Eristo de los Gitanos”. Le strade della città si riempiono di gente e di emozione per tutta la notte fino al mattino seguente.

Croci di maggio

Le Croci di maggio è una festa popolare che si celebra durante la prima settimana di maggio. Le confraternite della Settimana Santa, associazioni e gruppi diversi, costruiscono croci di uno o due metri decorate con fiori, generalmente garofani rossi o bianchi. L’origine di questa celebrazione risale alle feste romane, quando il 3 maggio, Sant’Elena trovò la Santa Croce di Cristo. Attualmente, questa commemorazione si celebra in diverse città, e Cordova e Granada sono tra le più famose.

Il Flamenco

Il flamenco è un’arte originaria dell’Andalusia che combina danzacanto e chitarra. Frutto della mescolanza culturale gitana, araba, cristiana ed ebraica, il flamenco è, dal 2010, riconosciuto come Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità dall’UNESCO.

La danza e la musica attuale sono il risultato di secoli di evoluzione, integrazione e contaminazione di elementi di diverse culture. Con lo sviluppo della musica, emerse anche la danza del flamenco, che apparve per la prima volta, riconoscibile come una danza strutturata, nel XVIII secolo.

In uno spettacolo di flamenco, il ruolo del ballerino o della ballerina è quello di interpretare fisicamente il testo della canzone, con movimenti morbidi ed eleganti che contrastano, a volte, con intensi colpi di “tacco” o giri. Esistono più di 50 tipi diversi di palos di flamenco, emblemi della ricchezza e della varietà che questa arte di radici andaluse possiede. Ogni palo ha la sua battuta, un’origine (canzoni di festa, di tristezza, di partenza, di ritorno, ecc.) e un tipo specifico di testi e musica che differenzia alcuni palos dagli altri. Una caratteristica che il canto flamenco, la musica e la danza hanno in comune è l’alto grado di improvvisazione dell’esecutore, quel sigillo personale con cui l’artista firma la sua esibizione e rende unica ogni interpretazione.

Tra la varietà di balli di flamenco, uno dei più popolari è chiamato las Sevillanas.

Letture

Federico Garcìa Lorca, Il Sole dell’Andalusia, Garzanti 2021

Raccoglie alcune prose liriche tratte da “Impressioni e paesaggi”. L’autore tratteggia in pagine di grande forza evocativa i paesaggi della Spagna meridionale, i profili delle montagne, la suggestione delle luci, dei profumi e dei suoni che rendono magica e incantata questa terra. Restituisce le forme, l’architettura e la sacralità dell’Alhambra, i colori e il romanticismo dei giardini, le malinconiche ombre del crepuscolo. Accompagnandoci attraverso le vie di Granada e alla scoperta dei suoi dintorni, questo volume è un viaggio in una delle mete più affascinanti e ricche di poesia.

Washington Irving, I racconti dell’ Alhambra, Henry Colburn 1832

Nel 1829, Irving soggiornò a Granada all’interno dell’Alhambra, l’emblema della dominazione araba in Spagna. Fu talmente colpito dalla bellezza di questo luogo ricco di memorie che Irving si trasformò in un eccezionale osservatore, raccogliendo bozzetti, storie e leggende che trasportano il lettore nell’Andalusia colonizzata dai mori, che diedero un’impronta meravigliosa alla cultura e all’architettura del luogo.

 

 

Ildefonso Falcones, La mano di Fatima, Grijalbo 2009

Nell’Andalusia del XVI secolo, i moreschi sopravvissero grazie al loro sforzo nonostante le ingiustizie e umiliazioni imposte dai cristiani. Obbligati a venerare simboli religiosi in cui non credevano, il loro malessere crebbe fino a scoppiare in una grande ribellione. Tra gli insorti si trova Hernando, un giovane che ha sofferto il rifiuto del suo popolo: sua madre fu stuprata da un sacerdote cristiano e lui, chiamato nazzareno, è il frutto di tale atto di violenza. Per Hernando, la guerra è un’opportunità per dimostrare il suo valore lottando per la sua libertà e quella del suo popolo.

 

Sapori

Alfajores

Arricchita dall’influenza arabo-marocchina, è una cucina mediterranea che presenta piatti molto variegati tra le regioni montane e quelle costiere basati sull’uso di olio di oliva, frutti secchi, pesci, carne e verdure. Nei dolci si vede di più l’influenza araba dovuta all’uso prevalente del miele e le mandorle per fare dolci tipici in Andalusia gli “Alfajores”. L’alfajor è un dolce tipicamente andaluso a base di miele, nocciole, mandorle e spezie che ha le proprie origini nella tradizione culinaria araba, come testimonia anche il suo nome, che in arabo significa ‘ripieno’ (al-hasú). L’alfajor è un dolce tipico pure in Sud America, arrivato con le prime navi spagnole nel 1492 non solamente per il suo sapore ma pure per il suo valore nutriente ed energetico. I primi riferimenti della sua presenza in America menzionano il Venezuela e il Perù, dove furono dati come razione alle truppe spagnole.

Ingredienti per 6 persone

420 g Miele millefiori

100 g Nocciole

150 g Mandorle

200 g Pangrattato

20 g Amido di mais

10 g Cannella

1 g Chiodi di garofano

1 g Coriandolo

60 g Acqua

100 g Zucchero

100g Zucchero a velo

Lavorazione

Step 1

Per lo sciroppo, in un pentolino versate l’acqua e lo zucchero, mettete sul fuoco e portate alla temperatura di 105 °C. Togliete dal fuoco e fate raffreddare. In una padella versate l’acqua, il pangrattato e le spezie, mettete sul fuoco e fate tostare.

Step 2

Tritate finemente la frutta secca. In una ciotola raccogliete la frutta secca tritata, il pangrattato tostato e l’amido di mais; versate il miele, leggermente intiepidito, e impastate fino a ottenere un composto omogeneo. Realizzate tanti cilindri lunghi circa 8 cm, trasferiteli su un vassoio e lasciateli riposare in frigorifero.

Step 3

Quando saranno ben freddi, immergete i cilindri nello sciroppo, scolateli e poi passateli nello zucchero a velo. Lasciateli riposare finché lo sciroppo non avrà formato uno strato leggermente croccante e infine servite.

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Foto in anteprima e nel testo: Archivio Centro Astalli/Valentina Pompei

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