Nel Mediterraneo si continua a morire. Mentre ancora non si hanno notizie di un gommone avvistato sabato con 41 persone a Nord delle coste libiche, arriva la conferma che tre donne e un bambino sono annegati nel naufragio di una barca su cui viaggiavano al largo della costa della Turchia.
Nel Mediterraneo centrale a preoccupare resta la sorte delle 41 persone citate in un allarme lanciato dalla Guardia costiera di Malta sabato scorso. Il gruppo sarebbe partito da Sabratha, ma se ne sono perse le tracce.
Desta allarme il fatto che non vi siano in questo momento azioni di avvistamento e soccorso per i naufraghi.
P. Camillo Ripamonti, presidente Centro Astalli sottolinea come: “Si rischia così di lasciar morire in mare decine di persone in difficoltà. Salvare vite non può essere mai in nessun caso un’opzione ma un obbligo imprescindibile e intrinseco all’essere umano”.
Il Centro Astalli chiede a istituzioni nazionali e sovranazionali un’azione umanitaria tempestiva che porti in salvo i migranti che non hanno alternativa alla traversata del Mediterraneo e un impegno per soluzioni a lungo termine che prevedano ingressi sicuri, accoglienza e integrazione.
Conclude Ripamonti: “Lasciare morire in mare non può essere considerato deterrente efficace per le partenze o peggio strategia politica per governi sempre più colpevoli di inerzia”.