La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, insieme al presidente del Consiglio Ue Charles Michel, in questi giorni è in Turchia per una visita ufficiale.
Uno dei capitoli più importanti affrontati durante l’incontro con il presidente Erdogan è stata la dichiarazione comune tra i leader dell’UE e la Turchia, firmata nel 2016 per contenere il flussi migratori verso l’Europa.
“La dichiarazione Ue-Turchia del 2016 rimane valida e ha portato risultati positivi. Ciò riguarda principalmente i rifugiati siriani e le loro comunità ospitanti in Turchia. Ma vale anche per la lotta alla tratta di esseri umani e al contrabbando” – ha sottolineato Von der Leyen -. Pertanto ci aspettiamoche la Turchia mantenga i suoi impegni. Ciò include la prevenzione delle partenze irregolari. E include anche la ripresa senza indugio delle operazioni di rimpatrio dalle isole greche alla Turchia”.
Il Centro Astalli rinnova il proprio dissenso rispetto a queste politiche di esternalizzazione delle frontiere che costringono migliaia di rifugiati a vivere contro la loro volontà in una sorta di limbo fatto di privazioni di diritti e dignità.
Camillo Ripamonti, presidente Centro Astalli, afferma che: “Non dare protezione a chi scappa dalla Siria, dall’Iraq, dall’Afghanistan e da altre gravi crisi umanitarie che interessano la zona del Medio Oriente da anni è una scelta politica priva di umanità che condanna rifugiati in cerca di salvezza.
Rinnovare un tale accordo vuol dire rifinanziare politiche di chiusura e difensive a scapito della vita dei migranti che chiedono protezione. È un accordo che viola palesemente le norme internazionali sull’asilo e tradisce i principi fondanti dell’Unione europea: solidarietà tra i popoli, rispetto dei diritti umani e impegno per la pace nel mondo. Oggi l’Europa conferma un passo nella direzione sbagliata”.
Il nostro appello ai media è di occuparsi della visita in tutti i suoi aspetti e che l’offesa arrecata alla presidente Von der Leyen sia condannata al pari dell’esclusione di migliaia di persone dal tavolo del riconoscimento dei diritti.