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Il diritto d’asilo alla prova della burocrazia
L’asilo è uno dei capisaldi del sistema democratico italiano. Si tratta di un diritto soggettivo assoluto, la cui tutela è garantita a livello costituzionale, ben incardinata nella parte dedicata ai principi fondamentali della nostra Repubblica. L’art 10 c. 3 della Costituzione infatti dispone che “Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge”. Di fatto però l’accesso effettivo a questo diritto è reso sempre più difficoltoso da una serie di ostacoli burocratici.
C’è da fare una premessa necessaria per comprendere quanto gravosa possa essere questa situazione per chi arriva in Italia in cerca di protezione. Per perfezionare una domanda di asilo è necessario non solo che un individuo manifesti all’autorità di frontiera o alla Questura la sua volontà di chiedere protezione, ma anche che i funzionari formalizzino questa istanza attraverso la compilazione di un modulo e il conseguente rilascio di un permesso di soggiorno temporaneo.
La formalizzazione della domanda di protezione internazionale è condizione necessaria per l’esercizio di molti benefici connessi allo status di richiedente asilo come ad esempio l’ingresso nel circuito dell’accoglienza, l’accesso al lavoro e alla formazione professionale, l’iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale.
Sempre più spesso al Centro Astalli ci confrontiamo con situazioni di grave disagio a causa delle difficoltà di accesso alla procedura di asilo. Famiglie con bambini, anziani o persone con disabilità fisiche o problemi sanitari si ritrovano sprovvisti di un alloggio, costretti a dormire in strada o in ricoveri di fortuna.
L’asilo in quanto “diritto ad avere diritti” rappresenta dunque uno strumento che ha la funzione di restituire la soggettività dei diritti civili a quelle persone che sono state private di ogni condizione giuridica e che pertanto si ritrovano escluse dalla cittadinanza sociale. Ed è per questa ragione che la legge prevede che la procedura sia dettata da tempi rapidi e ben definiti volti a garantire l’effettivo godimento dei diritti.
Secondo il D.lgs. n. 25/08, che stabilisce le procedure per l’esame delle domande di protezione internazionale, le autorità sono tenute a formalizzare la richiesta entro tempi molto celeri. La realtà a cui assistiamo ci restituisce uno scenario ben differente.
In molte città italiane, le persone anche solo per accedere agli uffici della Questura sono costrette a lunghe attese. I richiedenti asilo che si rivolgono al nostro servizio legale ci raccontano di intere giornate passate in fila, nella speranza di conquistare uno dei pochi ingressi che vengono concessi quotidianamente agli stranieri che vogliono manifestare l’intenzione di domandare asilo. Inoltre, diversamente da quanto previsto dalla normativa vigente, che vorrebbe il momento della manifestazione della volontà praticamente contestuale a quello della formalizzazione della domanda di protezione, e dunque al rilascio di un permesso di soggiorno, nella prassi trascorrono mesi in cui i richiedenti restano in una sorta di limbo.
Tali condizioni rischiano di acuire le situazioni di vulnerabilità pregresse, considerando anche il fatto che senza il permesso di soggiorno non è possibile iscriversi al Sistema Sanitario Nazionale e dunque ottenere una presa in carico specialistica.
Attualmente, ad esempio, seguiamo il caso di una signora anziana, affetta da una patologia respiratoria, che ha dovuto affrontare un lungo e faticoso viaggio assieme al figlio attraversando la rotta balcanica per mettersi in salvo. Giunti finalmente in Italia si sono scontrati con le difficoltà di accesso alla procedura di asilo. Quando sono stati ammessi alla Questura di Roma, si sono ritrovati tra le mani un semplice foglietto di carta con un appuntamento da lì ad alcune settimane per la formalizzazione della domanda, e nessuna possibilità di essere inseriti in un centro di accoglienza.
C’è da aggiungere che una volta ufficializzata la domanda di asilo e ricevuto il permesso di soggiorno possono sopraggiungere altri impedimenti. Ad esempio per molti non è affatto semplice ottenere l’iscrizione anagrafica e dunque la residenza, alla quale vengono connessi molti servizi territoriali, come aprire un conto corrente, condizione necessaria per poter lavorare.
Questi sono solo alcuni degli ostacoli con cui il richiedente asilo deve misurarsi quotidianamente e che rendono sempre più difficoltoso il suo percorso di integrazione, favorendo di contro situazioni di emarginazione sociale e sfruttamento.
Eppure, secondo la legge, le autorità pubbliche sono tenute a predisporre mezzi adeguati e sufficienti per far sì che qualunque persona abbia accesso alla procedura di riconoscimento della protezione internazionale senza ritardi o difficoltà. La discrezionalità amministrativa infatti non può mai spingersi al punto tale da arrivare a comprimere l’essenza stessa di un diritto soggettivo assoluto quale è il diritto di asilo.
Sembrerebbe quasi che le stesse politiche di chiusura che vengono applicate alle frontiere al fine di limitare il numero degli ingressi sul nostro territorio vengano replicate anche all’interno dei confini nazionali ostacolando e ritardando l’accesso alle tutele e creando un regime di sospensione giuridica che lede gravemente i diritti fondamentali degli individui.
Queste dinamiche sono un sintomo evidente delle profonde carenze strutturali del sistema di asilo in Italia che spesso arrivano a tradursi in trattamenti inumani e degradanti che violano la dignità dei richiedenti, come decretato da alcune sentenze della Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
A 75 anni dall’entrata in vigore della nostra Costituzione dovremmo forse fermarci a riflettere sull’abissale distanza che si è venuta a creare tra le affermazioni di valore in essa contenute e la realtà dei fatti a cui ci troviamo ad assistere rispetto al trattamento destinato allo straniero nel nostro Paese.
Francesca Napoli
operatrice legale