La descrizione di un anno di attività e servizi in favore di richiedenti asilo e rifugiati

Il Centro Astalli presenta una fotografia aggiornata sulle condizioni di richiedenti asilo e rifugiati che durante l’anno si sono rivolti alla sede italiana del Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati e hanno usufruito dei servizi di prima e seconda accoglienza che l’organizzazione offre. Il commento di P. Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli, sull’anno trascorso.

Rifugiati: le frontiere dell’accoglienza

«I flussi migratori dei nostri giorni sono espressione di un fenomeno complesso e articolato, la cui comprensione esige l’analisi attenta di tutti gli aspetti che caratterizzano le diverse tappe dell’esperienza migratoria, dalla partenza all’arrivo, incluso un eventuale ritorno». Scriveva così papa Francesco nel messaggio per la 109a Giornata del migrante e del rifugiato del 2023.
Le migrazioni sono un fenomeno complesso a livello globale e locale e i processi di semplificazione in atto, soprattutto nel tentativo di contenerle, non solo sono destinati a fallire nel tempo, ma di fatto rendono gli spostamenti e i viaggi dei migranti ancora più difficili – con la conseguenza che centinaia di migliaia di persone rimangono imprigionate in terre di mezzo, in zone di limbo – e contribuiscono solo ad aumentare il carico dei traumi a cui sono sottoposti. A tutto questo va aggiunta una variabile interveniente: il 2023 è stato l’anno più caldo di sempre. Il Segretario Generale dell’ONU Antonio Guterres ha detto: «L’era del riscaldamento globale è terminata, per lasciare il posto all’era dell’ebollizione globale». La prospettiva che
abbiamo davanti a noi è quindi quella di anni in cui la situazione dei flussi migratori si complicherà ulteriormente a causa dei cambiamenti climatici, con il conseguente spostamento di milioni di persone, come in parte già avviene. Nel 2023 si è superata a livello globale la soglia dei 110 milioni di migranti forzati. Le nazionalità ancora più rappresentate, come per l’anno precedente, sono Afghanistan, Siria e Ucraina che da sole costituiscono il 52% dei rifugiati.
Crisi ancora aperte, a cui si è aggiunto nel 2023, dopo gli efferati atti terroristici del 7 ottobre perpetrati da Hamas contro Israele, il riaccendersi di un conflitto mai sopito, ma che attualmente sta determinando una situazione drammatica nella Striscia di Gaza, dove a pagare sono soprattutto civili e in modo particolare i bambini.
Quanto all’Europa, mentre nel 2022 ha mostrato un atteggiamento positivo e lungimirante di fronte alla crisi in Ucraina, mettendo in campo risorse e leggi mai utilizzate in precedenza e dando il segnale che agendo all’unisono si riescono ad affrontare crisi umanitarie che interessano milioni di persone – senza che si riaffaccino gli spettri dell’invasione e della paura –, non si può dire che sia avvenuto lo stesso nel 2023. Sul fronte delle migrazioni, infatti, è stato un anno mediocre, privo di creatività e coraggio.
L’Europa si è preparata alle consultazioni elettorali del 2024 con le solite politiche difensive, attraversate da interessi nazionali, che non aiutano una riflessione oggettiva e pragmatica del fenomeno migratorio. Questo è il tenore del Patto europeo sulla migrazione e l’asilo, sul quale si è trovato un accordo tra Consiglio e Parlamento a fine dicembre e che dovrebbe essere ratificato prima delle elezioni di giugno. Salutato come un grande passo avanti con l’introduzione del principio di  solidarietà obbligatoria tra gli Stati, in realtà esplicita sempre più quella tendenza generale, già emersa negli ultimi anni, a rendere più rigide le regole di accesso per i richiedenti asilo nel
territorio europeo, mettendo una seria ipoteca sul rispetto dei diritti di persone già duramente provate da situazioni caratterizzate da persecuzioni e violenze vissute nei propri Paesi di origine, in quelli di transito e lungo le rotte che le hanno condotte in Europa. Anche il Piano in 10 punti per Lampedusa, presentato dalla Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen e dalla Presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni lo scorso settembre, andava nella stessa direzione: dissuadere gli arrivi, aumentare i rimpatri e cooperare con regimi antidemocratici. A 10 anni dal tragico naufragio del 3 ottobre 2013 davanti alle coste di Lampedusa, l’Unione Europea ha continuato a proporre le stesse soluzioni inefficaci, mostrando la mancanza di volontà nell’affrontare il fenomeno migratorio dal punto di vista delle persone in fuga.
Non è andata meglio in Italia, dove potremmo descrivere il 2023 come l’anno in cui attraverso la decretazione d’urgenza e gli accordi con Paesi terzi abbiamo complicato ancora di più la vita dei migranti, offrendo soluzioni semplicistiche ed emergenziali a una materia complessa. L’anno si è aperto con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto sul soccorso in mare (DL n. 1/2023 Disposizioni urgenti per la gestione dei flussi migratori) che regolamenta il salvataggio operato dalle ONG, considerate in modo pretestuoso il pull factor delle partenze dalle coste del Nord Africa. La tragedia di Cutro del 26 febbraio 2023 ha dato modo al Governo di varare una nuova decretazione d’urgenza, il cosiddetto Decreto Cutro, poi convertito in legge (DL 10 marzo 2023, n. 20), che con il pretesto della lotta ai trafficanti ha in realtà messo in atto una politica dissuasiva nei confronti di chi parte, impoverendo anche la progettualità dell’accoglienza dei richiedenti asilo. Il decreto ha avuto, poi, il suo corollario nell’accordo con la Tunisia per ridurre le partenze da quella zona (a contenere quelle dal versante più orientale, la Libia, ci avevano già pensato altri governi). All’inizio di ottobre, una nuova decretazione d’urgenza è intervenuta attuando delle modifiche sull’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati (DL 5 ottobre 2023, n. 133).
Nel corso del 2023 quindi, decreti legge e leggi sono intervenuti su tutto l’arco del processo migratorio: partenze, soccorso in mare, procedure alla frontiera, accoglienza e integrazione, rendendo il percorso più complicato, ma senza una reale progettualità e prospettiva se non quella dissuasiva.
Due punti tuttavia ci sembrano di un certo interesse, anche se non privi di criticità: il primo riguarda il decreto sulla programmazione dei flussi di ingresso legali dei lavoratori stranieri nel triennio 2023-2025* (*Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 27 settembre 2023 “Programmazione dei flussi d’ingresso legale in Italia dei lavoratori stranieri per il triennio 2023-2025”), un piano triennale ma che interviene solo in parte sulle regole di ingaggio dei lavoratori; e il Piano Mattei per l’Africa che si propone di coinvolgere come attori i governi africani nello sviluppo del continente in una prospettiva che non sia predatoria.
Ci sembra di poter dire che, se guardiamo al quadro d’insieme del 2023 dal globale al locale, non si sia ancora affrontata la questione migratoria dal punto di vista delle persone che si mettono in viaggio. Questo ha delle chiare ripercussioni nella vita dei richiedenti asilo e dei rifugiati, come hanno registrato le varie sedi del Centro Astalli sul territorio nazionale.
È come se le persone portassero dentro sempre, anche una volta arrivate, le frontiere che hanno dovuto affrontare fisicamente durante i loro viaggi. Atteggiamenti discriminatori attraversano il quotidiano: l’accoglienza, spesso intesa come luogo di confinamento più che occasione per ricominciare un’esistenza progettuale; il lavoro, inteso come mano d’opera per far crescere il PIL del nostro Paese più che come mezzo per immaginare e progettare un futuro personale; la casa, spesso negata per ragioni discriminatorie. In questo contesto il Centro Astalli, con l’aiuto di molti volontari e di operatori sempre più qualificati, ha cercato di abbattere queste frontiere discriminatorie, agendo attraverso le tre azioni di accompagnare, servire e difendere, costruendo con i rifugiati percorsi di integrazione che sono semi per un futuro condiviso e in pace.

P. Camillo Ripamonti sj

Presidente Centro Astalli

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