In occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato 2024, il Centro Astalli presenta la campagna “Rifugiati: lottatori di speranza, seminatori di pace”.
Trentacinque anni fa il mondo e l’Europa erano pervasi dalla fiducia e dall’euforia di una rinnovata epoca di pace ed equilibrio dopo la caduta del muro di Berlino. Oggi assistiamo inermi a una progressiva metamorfosi, a prevalere sono paura, ansia, risentimento.
Sempre più assuefatti e continuamente esposti “a distanza” a scene di guerra, distruzione, sofferenza, il rischio che stiamo correndo noi tutti è la perdita dell’empatia, di quell’umano “sentire” che sollecita una risposta di fronte al bisogno dell’altro.
In questa complessità in cui siamo immersi c’è il rischio che, per sbrogliare la matassa, prevalga la logica bellica più arcaica e semplice dell’“amico-nemico”. È quanto sta avvenendo da anni nei confronti dei migranti. Mercificati, colpevolizzati, esclusi, stigmatizzati sono stati assurti a “nemico immaginario” della società, personificazioni del conflitto sociale, della paura e dell’insicurezza collettiva.
Mentre l’equilibrio mondiale si fa sempre più fragile, assistiamo gradualmente a un progressivo irrigidimento delle politiche di accoglienza in Europa. Pensata e nata come comunità fondata su libertà, democrazia, uguaglianza, Stato di diritto e promozione della pace, l’Unione Europea, specie in materia di asilo, sembra aver perso quella dimensione rispettosa dei suoi valori fondativi.
A farne le spese sono le persone in fuga da persecuzioni, violenze, guerre, crisi climatiche che chiedono asilo alle porte d’Europa. Uomini, donne e bambini migranti messi in secondo piano, deprivati dell’unicità degli esseri umani, attraverso regole di accesso alla protezione sempre più rigide, in nome della sicurezza e della pratica, cinica e codarda, di esternalizzazione del diritto di asilo.
Leggi che si definiscono pragmatiche sollevano di fatto chi le applica dalla responsabilità di porsi domande sulle conseguenze che hanno sulla vita di molte persone.
Anche all’interno della nostra società cresce il numero degli esclusi e degli invisibili che, anche per effetto di alcuni provvedimenti amministrativi, rischiano di essere privati del diritto di avere diritti.
Ciò che accade deve inquietarci, nel senso di scuoterci le coscienze. In pericolo è la dignità dell’uomo.
La questione migratoria continua a non essere affrontata dal punto di vista di coloro che si mettono in viaggio: persone in cerca di speranza, di una vita libera, di pace, in un altrove dove incontrano frontiere di indifferenza e discriminazioni.
In questo momento storico sarebbe invece più che mai opportuno pensare a una politica di accoglienza capace di creare occasioni di incontro, dialogo e integrazione, affinché non siano più i deboli a fare le spese di un sistema che erige barriere, muri e recinzioni, sempre più alti su cui si sta infrangendo l’Europa dei diritti.
«Affermare i diritti significa non volgere lo sguardo altrove di fronte ai migranti»: così nel suo discorso di fine anno il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
La Giornata Mondiale del Rifugiato 2024 vuole essere un’opportunità per riflettere sulla tutela dei diritti umani per tutti e sulle vie da percorrere insieme per costruire una società davvero libera e aperta alle differenze, capace di riconoscere e rispettare la diversità.
Il tema è stato al centro del colloquio sulle migrazioni, organizzato giovedì 13 giugno, in collaborazione con la Facoltà di Scinze Sociali della Pontificia Università Gregoriana. Sono intervenuti S. E. Mons. Rino Fisichella, Pro-Prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione della Santa Sede, l’economista Prof. Tito Boeri, moderati dal giornalista de Il Sole 24 Ore Carlo Marroni.
Ad aprire l’incontro la testimonianze di Fardusa, rifugiata della Somalia.