Pur rilevando alcuni aspetti positivi nelle intenzioni, il Centro Astalli esprime seria preoccupazione per le misure presentate ieri dalla Commissione Europea relative alla collaborazione con i Paesi Terzi in materia di migrazioni.
Sottolineiamo tre punti del documento particolarmente rilevanti:
– È certamente auspicabile un approccio a lungo termine per contrastare le cause delle migrazioni forzate, ma le priorità del documento presentato dimostrano che l’obiettivo primo di questa azione, e del relativo cospicuo investimento, non è la tutela dell’incolumità e dei diritti delle persone, ma ridurre rapidamente il numero degli arrivi in Europa e facilitare rimpatri nei Paesi di origine e di transito.
– Si suggerisce che anche i rifugiati debbano di fatto essere trattenuti o rimandati nei Paesi più vicini al Paese di origine, dove già sono concentrati oltre l’80% dei milioni di rifugiati nel mondo in condizioni proibitive. Per esempio, un Paese come il Libano può davvero assicurare l’accesso all’istruzione a tutti quelli che ne hanno diritto quando la sua popolazione è aumentata del 25% in meno di quattro anni? Protezione non è solo provvisoria incolumità fisica, ma concreta possibilità di condurre una vita sicura e dignitosa.
– Si nega di fatto la possibilità di esercitare il diritto alla protezione in Europa: non è contemplata alcuna via legale per accedere al territorio in sicurezza. L’unica via per non rischiare la vita è non provare ad arrivare. Che l’accordo con la Turchia sia considerato un modello è significativo. “Noi non consideriamo tale accordo, peraltro molto fragile, un modello, ma piuttosto un ostacolo all’accesso alla protezione per chi ne ha diritto” commenta P. Camillo Ripamonti, presidente Centro Astalli che continua: “Affrettare i tempi degli accordi bilaterali, sia pur adattati a ciascun Paese, non fa che moltiplicare i rischi di fallimento, ma soprattutto espone sistematicamente le persone al concreto pericolo di non trovare alcuna protezione effettiva. Esprimiamo infine particolare preoccupazione per le misure previste in Libia, che si vorrebbero applicare anche prima che si instauri un governo stabile e unitario”.