La trama
Un’ora al giorno, seduto a meditare sui marciapiedi della sua città: questo è l’impegno che l’autore si prende per manifestare il suo dissenso per la guerra in Iraq. Si tratta di qualcosa di molto diverso da una manifestazione politica propriamente detta, o dal tentativo di attirare l’attenzione sulla propria indignazione: è in primo luogo un lavoro su se stesso e, allo stesso tempo, un modo di lasciare spazio all’amore e alla pace attraverso gesti molto concreti. Lin Jensen cerca di spiegare la potenzialità rivoluzionaria del “non fare”, aiutandosi con storie zen e aneddoti della propria vita. Lo spirito di questa esperienza è imparare, da tutto e da chiunque (inclusi barboni e persino un cane!). Serve a qualcosa meditare per protesta? Probabilmente no, si risponde Jensen, che si autodefinisce “veterano di imprese inutili”. Ma questo non cambia nulla. “Se i miei sforzi sono destinati a fallire, almeno avrò tenuto fede a chi ha fallito prima di me” (p. 25)

Astrolabio 2008, 127 pp.

Un brano
“Nell’ottobre del 2004, quando la guerra ancora infuriava in Iraq, mi sono ricordato che i muri cadono. Mi è anche tornata in mente la storia del Buddha che meditava seduto al confine di due regni: si era messo proprio dove sarebbe passato un esercito con la speranza di evitare le ostilità. Secondo una versione del racconto, i generali dell’esercito aggressore, vedendo il Buddha che assisteva in silenzio al loro passaggio, provarono pietà e rimorso, ordinarono il dietrofront e tornarono in patria. Non conosco nazione che esporti tanta morte quanto la mia, per cui ho pensato che, in qualunque luogo entro i confini degli Stati Uniti mi fossi seduto per protestare, mi sarei trovato proprio lungo il percorso della violenza” (p. 14).

L’autore
Lin Jensen, è nato nel 1932 e ha insegnato per circa trent’anni letteratura alle scuole medie superiori e in alcune università. Ha preso i voti laici in un monastero zen Soto. Membro del Buddhist Peace Fellowship, è impegnato come cappellano buddhista nel carcere Susanville. Insegna zen da 20 anni presso il Chico Zen Sangha, da lui fondato nella città californiana dove risiede con la moglie.


Per riflettere, per discutere
Nel raccontare la propria partecipazione alla veglia di protesta per l’esecuzione di Tookie Williams (13 dicembre 2005), a cui il governatore della California Arnold Schwartznegger aveva negato la grazia perché, visto che si dichiarava innocente dei delitti di cui era accusato, il condannato “non si era dimostrato pentito”, Lin Jensen propone una interessante riflessione sull’approccio buddhista alla pena di morte: “L’esecuzione è un modo per liberarsi di qualcuno a cui si è rinunciato. Lo uccidiamo perché non vediamo più una ragione sufficiente per tenerlo in vita. […] Secondo la cosmologia buddhista, il Buddha appare in tutti i ‘regni’ in cui rinasce un essere. Appare nei tre regni superiori degli uomini, degli dèi e dei semidèi, ma anche nei regni inferiori degli animali, dei fantasmi affamati e degli abitanti degli inferi, gli esseri condotti dalle loro azioni a rinascere nel regno che comporta grandissime sofferenze. Per quanto malvagie possano essere state le loro scelte e la loro condotta, neanche questi esseri infernali vengono abbandonati alla loro sofferenza solitaria. Il Buddha scende negli inferi insieme a loro, offrendogli la possibilità di redimersi. Porta luce e speranza persino nel regno più buio dell’esistenza. Noi non dobbiamo fare di meno per i nostri simili che soffrono” (p. 104).
Per approfondire
La pratica di Lin Jensen è, dichiaratamente, una forma di non-violenza. “Non potevo fare niente per la pace a meno che non mi facessi da parte. La pace era l’agente di se stessa e io, al massimo, ero soltanto il suo strumento” (p. 9). L’autore stesso, nell’introduzione, fa riferimento a due famosi maestri della non-violenza, Ghandi e Martin Luther King. Ma non sono gli unici che hanno tentato di cambiare il mondo attraverso questa pratica, condivisa da religioni diverse. Gli studenti possono ricercare notizie su alcuni personaggi meno conosciuti (l’esperienza di suor Rosemary Lynch è raccontata nel volume Agli estremi confini, Paoline 2004) e esporre alla classe il contesto in cui hanno agito e le forme di azione scelte.