Noi, musulmani in Italia

L’Islam è la seconda religione del nostro Paese dopo quella cristiana. Si calcola che noi musulmani residenti in Italia siamo circa 2 milioni. La presenza musulmana si fa sempre più significativa ed è destinata a crescere. Si stima che il 33% dei bambini e ragazzi stranieri e di seconda generazione che frequentano le scuole italiane siano di religione musulmana.

La presenza islamica in Italia è frammentata e variegata. La principale organizzazione di noi musulmani in Italia è l’UCOII (Unione delle comunità e delle organizzazioni islamiche in Italia). Un ruolo di rappresentanza e coordinamento è svolto anche dal Centro Islamico Culturale di Italia, che ha sede presso la Grande Moschea di Roma e dalla Coreis (Comunità religiosa islamica), che raccoglie soprattutto italiani convertiti. Ma molta importanza hanno anche le comunità medie e piccole sparse sul territorio, non soltanto nelle grandi città: oltre ad occuparsi dei servizi religiosi, aiutano noi musulmani stranieri a integrarci nella società italiana.

Guarda il video realizzato alla moschea Al-Huda di Centocelle nell’ambito di “Luoghi in dialogo. Percorsi interreligiosi a Roma

Vedi anche il film Bangla, una commedia divertente e ricca di significati che offre uno spaccato sulle seconde generazioni romane – Guarda il Trailer!
Guarda l'intervento TedxTalk di Khadija Tirha "Essere musulmana italiana, oltre i pregiudizi"

I nostri inizi

Muhammad, nato a La Mecca nel 570 e morto a Medina nel 632, è il fondatore dell’Islam. Dopo una crisi mistica ricevette nel 610 la rivelazione, in seguito fissata per iscritto nel Corano, il nostro libro sacro. A causa dei contrasti derivati dalla sua predicazione, nel 622 emigrò a Yathrib, la futura Medina: l’egira, la “fuga”, segnò l’anno di inizio dell’era musulmana. A Yathrib il movimento islamico divenne comunità politico-religiosa e la rivelazione coranica prese carattere di legislazione. Seguirono violenti scontri armati, che culminarono nella conquista della città natale del profeta, nel 630. Muhammad continuò a risiedere a Medina dove morì. La sua tomba, all’interno della Moschea del Profeta, è uno dei luoghi santi che ciascuno di noi musulmani deve visitare almeno una volta nella vita.

E la storia continua così

Muhammad, abile capo politico oltre che profeta ispirato, riuscì a creare una sorta di impero religioso, i cui confini si allargarono rapidamente. La sua morte non arrestò l’onda di espansione della nostra religione, che in poco più di un secolo arrivò a comprendere tutto il Vicino Oriente e il Nord Africa, ma aprì una crisi di successione che si tradusse in una sorta di scisma religioso: un gruppo di musulmani si radunò intorno ad ‘Ali, cugino e genero di Muhammad, ritenendo che la successione spettasse a lui solo, in virtù della sua parentela con il Profeta. Dopo l’uccisione di ‘Alì (661), i suoi sostenitori diedero vita ad un “partito” (shiah), che ben presto assunse una connotazione marcatamente religiosa.

Gli sciiti, seguaci della shiah, si distinguono dalla maggioranza dei musulmani, che si definiscono sunniti, su alcuni punti fondamentali che riguardano, soprattutto, il ruolo della gerarchia religiosa, al vertice della quale vi è l’imam, cioè la guida della comunità, e nella quale hanno un ruolo rilevante gli ayatollah (letteralmente: “segni di Dio”). Attualmente però secondo gli sciiti non vi è alcun imam visibile, perché la catena delle legittime successioni si è interrotta con la morte dei discendenti di ‘Ali nella battaglia di Kerbala, in Iraq (680). Gli sciiti attendono dunque che l’imam legittimo ritorni a guidare il suo popolo e a fondare un regno di giustizia.
Circa il 90% dei musulmani del mondo sono sunniti. Gli sciiti sono diffusi soprattutto in Iran, Iraq, dove rappresentano la maggioranza della popolazione, e in misura minore in altri Paesi del mondo (Libano, Siria, Pakistan, Afghanistan).

Le nostre scritture

Il Corano (al Qur’an, “da recitare, da leggere”) contiene la rivelazione fatta da Allah a Muhammad e fissata in forma scritta. Le rivelazioni concesse a Muhammad tramite l’arcangelo Gabriele, negli anni compresi tra il 610 e il 632, costituiscono, secondo noi, la versione parziale di un’originale Scrittura celeste, dalla quale noi crediamo che abbiano tratto origine sia la Torah di Mosè, sia il Vangelo di Gesù, sia il Corano, che è per noi l’ultima rivelazione comunicata agli uomini. Il Corano è composto da 114 sure (“parti”), formate da circa 6236 ayat (“versi”). Contiene ammonimenti circa la fine dei tempi, descrizioni del Giudizio Finale, espressioni di lode nei confronti di Allah, racconti su Abramo, Mosé, Gesù, esortazioni, direttive giuridiche e difese dell’operato di Muhammad. Il Corano può essere toccato o ascoltato solamente da coloro che si sono purificati ritualmente. Le parole della rivelazione, che in un primo momento venivano scritte su foglie di palma, ossa e lavagnette di pietra bianca, oppure trasmesse oralmente, sono state raccolte intorno al 650 per iniziativa del primo successore del nostro profeta, il califfo Abu Bakr.

Ascolta l'audiolibro "Il Corano. Il libro sacro della civilità islamica"!
Leggi anche "Il Corano. Ediz. integrale", di Roberto Hamza Piccardo, Newton Compton Editori, 2015.

In cosa crediamo

La nostra è una religione monoteista, centrata sull’unicità di Dio, Allah. Egli è l’unico Dio onnipotente, clemente e misericordioso, creatore di tutte le cose. La sua natura è assolutamente trascendente: per questo è proibito rappresentarlo con immagini.
La nostra professione di fede è espressa nella sura 21 del Corano, con le parole di Allah: “Non c’è altro Dio fuori di Me, perciò adorate Me soltanto”. A questo si aggiunge un altro concetto fondamentale: “Muhammad è l’inviato di Allah, l’ultimo e il più grande dei profeti”. Secondo la nostra tradizione, per aiutare gli uomini Allah ha mandato nel corso della storia 124mila profeti, ma non tutti erano della stessa importanza. I “messaggeri superiori e apostoli” sono 313 e 28 di essi vengono nominati nel Corano: il primo è Adamo, seguito poi da Abramo, l’amico di Dio, e infine da Mosè e Gesù, a cui è attribuito il titolo di al-masih, il messia. L’ultimo è Muhammad, chiamato “il sigillo dei profeti”. Con lui si conclude la rivelazione.

Nel Corano si afferma che gli esseri umani saranno resuscitati dalla morte l’ultimo giorno, giudicati da Dio in base alla loro condotta in terra, e quindi destinati per l’eternità al Paradiso (concepito come un giardino) o all’Inferno (concepito come fuoco). Il motivo principale della punizione eterna sembra essere l’avarizia nell’uso delle ricchezze e l’indifferenza verso i poveri. Il Corano tuttavia tace su vari aspetti della nostra vita religiosa e sociale. Dall’VIII secolo i giuristi avvertirono l’esigenza di fondarsi anche su altri testi che trattassero della vita e delle parole di Muhammad, da cui ricavare le regolamentazioni giuridiche: tali testi sono gli hadith (“tradizioni”). Sei hadith hanno un’autorità canonica e costituiscono la sunnah (“consuetudine”).

Come viviamo

Tutti noi musulmani crediamo in alcuni concetti base imprescindibili, ma al contempo ciascuno di noi li mette in pratica secondo la tradizione e le condizioni dell’area in cui vive. La pratica religiosa impone a ogni musulmano alcuni doveri essenziali per il rapporto fra Dio e l’uomo. Questi precetti fondamentali, codificati dall’Islam sunnita e detti i “cinque pilastri dell’Islam” (arkan), sono:

1) Professione di fede (shahādah), riassunta nella formula coranica “Non vi è altro Dio all’infuori di Allah e Muhammad è l’inviato di Dio”;

2) Preghiera (salat), recitata cinque volte al giorno (all’alba, a mezzogiorno, al pomeriggio, al tramonto, alla sera). Nella preghiera, che il venerdì viene fatta in comune nella moschea, chi prega si rivolge verso la Mecca. Prima di iniziarla, ci laviamo le mani e le braccia fino al gomito, ci sciacquiamo la bocca, ci bagniamo la testa e ci laviamo i piedi. La preghiera obbligatoria consiste in una serie di formule coraniche, accompagnate da particolari movimenti e posizioni del corpo. Questo tipo di preghiera va distinto dalla preghiera spontanea (du’ah), che chiunque di noi può fare liberamente, nella sua lingua, in ogni momento della giornata.

Le donne quando pregano e vanno in moschea indossano l’hijab. Cos’è e perché alcune donne lo indossano tutti i giorni mentre altre no? Se vuoi approfondire leggi Sotto il velo !
Vi proponiamo un servizio realizzato dall’emittente francese France 2 durante una delle visite organizzate dal Centro Astalli alla Grande Moschea di RomaNell’ambito del progetto Incontri gli studenti e i docenti del Liceo Scientifico Statale “Tullio Levi Civita” hanno incontrato la comunità islamica di Roma, approfondendo in modo particolare il tema della preghiera.

3) Elemosina rituale (zakat o zakah), rappresenta, in un certo senso, il debito verso Dio che noi musulmani dobbiamo saldare per ciò che Egli ci ha dato: in questo modo si rende puro e legale tutto quello che si possiede. La zakat non solo purifica la proprietà del contribuente, ma purifica anche il nostro cuore dall’egoismo e dall’amore per la ricchezza. Allo stesso tempo il precetto della zakat è un invito esplicito rivolto a tutti noi musulmani a farci carico delle necessità dei membri più bisognosi della comunità;

4) Digiuno (sawm), consiste nell’ astensione da cibi, bevande e ogni altro piacere dall’alba al tramonto per tutto il mese di Ramadan. Nella prova del digiuno il significato spirituale è più importante di quello materiale: noi uomini, in virtù dell’obbedienza a un ordine divino, impariamo a tenere sotto controllo i nostri desideri fisici e a superare la limitatezza della nostra natura;

5) Pellegrinaggio alla Mecca (hajj), nei luoghi legati alla memoria del patriarca Abramo, deve essere compiuto almeno una volta nella vita. Nel corso del hajj la pace è il tema dominante; pace con Dio e con la propria anima, pace con gli altri uomini e con gli animali, pace con gli uccelli e persino con gli insetti. Durante tutte le fasi del pellegrinaggio, che per noi rappresenta una profonda esperienza spirituale, disturbare la pace di una qualunque creatura, in qualunque modo e in qualunque forma, è severamente proibito.

Per approfondire, leggi il libro: I 5 pilastri!

Un buon musulmano è tenuto a rispettare alcune norme alimentari. I divieti fondamentali sono due: il consumo di carne di maiale e, più in generale, di carne non macellata secondo le nostre regole rituali e quello di bevande alcoliche. Ma attenzione: a volte non è facile come può sembrare! Qui in Europa molti alimenti (biscotti, caramelle, yogurt e persino succhi di frutta) contengono grassi animali… Per fortuna anche in Italia iniziano ad essere diffusi prodotti halal, che rispettano i requisiti previsti dalla nostra legge religiosa.

L’Islam è caratterizzato da un profondo senso della comunità (umma), a cui apparteniamo tutti noi credenti che professiamo la fede e viviamo secondo la legge (sharìa). La fede individuale non è sufficiente: per essere buoni musulmani dobbiamo sempre essere coscienti di essere parte di una dimensione collettiva e universale.

Feste, luoghi e simboli

Il luogo di culto in cui la nostra comunità si riunisce per la preghiera comune è la moschea. La struttura originaria delle prime moschee è la riproduzione, in scala più vasta, della casa araba con cortile, come quella abitata da Muhammad a Medina. La casa di Muhammad era luogo di preghiera, di riunioni politiche e insegnamento religioso ed era servita da ricovero per i fedeli poveri e da ospedale per quelli malati. Alle moschee sono spesso annesse strutture destinate a opere di carità, come mense per i poveri, ospedali, ospizi. Il minareto è la torre, alta e slanciata, delle moschee, dal quale il muezzin ci chiama alla preghiera.

All’interno della sala della preghiera si trova il mihrab, la nicchia che indica la direzione (qibladella Mecca. Di fronte alla nicchia si trova spesso una stanza leggermente rialzata e chiusa da una griglia di ferro, dalla quale le donne possono assistere alla funzione. I pavimenti delle moschee sono quasi interamente coperti di tappeti; noi entriamo nella moschea scalzi. L’arte decorativa è prevalentemente di tipo astratto (arabeschi).

Adhan, la chiamata alla preghiera islamica – Mecca

Il giorno della settimana che consideriamo sacro è il venerdì, quando ha luogo la funzione comunitaria della gium’a (“raduno generale”): a mezzogiorno di questa giornata dobbiamo interrompere il nostro lavoro.

La “grande festa” per noi musulmani, Aid al Kabir o anche Eid Al-Adha ricorda il miracolo compiuto da Dio quando sostituì un montone al figlio che Abramo stava per offrirgli in sacrificio. La festa, che segna anche la conclusione del periodo dedicato al pellegrinaggio a La Mecca, prevede il sacrificio di un montone, un pezzo del quale viene regalato ai poveri.

Consulta questa pagina per approfondire il significato della festa di Eid-Al-Adha!

Ramadan è il nome del nono mese del nostro calendario. L’inizio e la fine del mese sono stabiliti secondo l’apparire della mezza luna nuova. È il mese destinato a celebrare il ricordo della rivelazione del Corano, durante il quale ognuno di noi musulmani, se è sano e maggiorenne, deve astenersi, dall’alba al tramonto, da determinate azioni: assumere qualsiasi tipo di cibo e bevanda, fumare, avere rapporti sessuali. È anche un tempo di preghiera e di istruzione religiosa. Un’atmosfera di festa regna dappertutto dopo il tramonto del sole: cene in famiglia, visite di amici, veglia fino a tardi. Il pasto serale d’interruzione del digiuno è una specie di rito fraterno da vivere insieme a familiari, parenti e amici. La notte tra il 26 e il 27 è la ricorrenza di quella “notte sacra” in cui il Corano fu fatto discendere sulla terra. La fine del Ramadan viene suggellata dalla festa della fine del digiuno (Eid al Fitr), che dura tre giorni.

Guarda l'album delle foto dell' Iftar al Centro Astalli!

La principale festività sciita è l’Ashura, che commemora l’uccisione dei discendenti di ‘Ali e in particolare di suo figlio Hussein. Molti fedeli in questa occasione usano recarsi in pellegrinaggio a Kerbala, teatro della battaglia, digiunando di giorno e vegliando di notte. Il culmine delle celebrazioni avviene nei giorni nono e decimo del mese di Muharram, con processioni e sacre rappresentazioni che ricordano gli avvenimenti che hanno portato al martirio di Hussein. L’Ashura è anche il momento per ricordarsi dei poveri e per condividere cibo e vino con chi è meno fortunato. Molti offrono cene aperte a tutti per le strade, oppure cucinano per i vicini e gli amici.

Guarda questi due brevi video sul Ramadan e sul Ramadan e l’Eid spiegati dai bambini !
Consulta questa pagina per approfondire il significato del mese del Ramadan! 

Una preghiera

Egli è Dio e non Vi è altro Dio all’infuori di Lui. Il Misericordioso, il Compassionevole, il Re, il Santo, la Pace, il Fedele, il Custode, il Potente, il Molto Forte, il Fiero, il Creatore, il Rinnovatore, Colui che modella, Colui che perdona, il Dominatore, il Munifico, Colui che provvede, Colui che apre, il Sapiente, Colui che contrae, Colui che espande, Colui che abbassa, Colui che innalza, Colui che dà la potenza, Colui che umilia, Colui che tutto ascolta,
Colui che tutto osserva, il Giudice, il Giusto, l’Amabile, il Bene informato, il Paziente, il Sublime, Colui che perdona, il Riconoscente, l’Altissimo, il Grande, il Custode, Colui che vigila, Colui che chiede il conto, il Maestoso, il Generoso, Colui che veglia, Colui che risponde, il Largo (nel dare), il Saggio, l’Amorevole, il Glorioso, Colui che resuscita, il Testimone, il Vero, il Garante, il Forte, l’Irremovibile, l’Amico, Il Degno di lode, Colui che tiene il conto (di tutte le cose), Colui che palesa, Colui al quale tutto ritorna, Colui che dà la vita, Colui che dà la morte, il Vivente, Colui che sussiste da Se stesso e per il Quale tutto sussiste, Colui che trova tutto ciò che vuole, il Glorioso, l’Uno, l’Unico, l’Impenetrabile, il Potente, l’Onnipotente, Colui che fa avanzare, Colui che fa ritardare, il Primo, l’Ultimo, l’Evidente, il Nascosto, l’Alleato, Colui che è cosciente di essere l’Altissimo, il Caritatevole, Colui che accoglie il pentimento, il Vendicatore, Colui che cancella (le conseguenza dei peccati), il Dolcissimo, il Signore Del Regno, Colui che è colmo di Maestà e di Magnificenza, Colui che giudica alla bilancia, Colui che riunisce, il Ricco, Colui che procura l’abbondanza, Colui che impedisce, Colui che nuoce, Colui che procura guadagno, la Luce, Colui che guida, Colui che crea perfettamente (ogni cosa), L’Eterno, Colui che è erede di tutto, Colui che guida sulla retta via, il Paziente.
Che la sua maestà sia magnificata e i suoi nomi santificati!
Preghiera dei 99 nomi di Allah (ascolta l’audio)

Hanno detto…

Abdul Ghaffār Khān, nato nel 1890 in una famiglia pashtun che viveva nell’area di Peshawar, nel nord-ovest dell’allora India britannica, era il figlio del Khan, un capo villaggio, molto rispettato. Il suo percorso è molto simile a quello di Gandhi: riceve un’educazione nelle migliori istituzioni inglesi, senza però perdere il legame con le proprie radici. Si scontra presto però con i metodi coloniali ed è in questo contesto che Badshah Khan (il re dei khan) – come i pashtun cominciano a chiamarlo – matura l’intuizione che non è la vendetta inscritta nell’antico codice d’onore, ma la rivolta non violenta la risposta più forte all’ingiustizia. «Musulmano» – diceva – «è colui che non ferisce mai nessuno né con parole né con azioni e lavora invece per il benessere e la felicità delle creature di Dio. La fede in Dio è amore del proprio compagno». Queste alcune parole del giuramento che Badshah Khan aveva scritto per chi sceglieva di entrare a far parte del suo “esercito” non violento: Sono un khudai kidmatgar (servo di Dio), e poiché Dio non ha bisogno di essere servito, ma servire la sua creazione è servire lui, prometto di servire l’umanità nel nome di Dio. Prometto di astenermi dalla violenza e dal cercare vendetta. Prometto di perdonare coloro che mi opprimono o mi trattano con crudeltà. Prometto di astenermi dal prendere parte a litigi e risse e dal crearmi nemici (…) Prometto di vivere una vita semplice, di praticare la virtù e di astenermi dal male. Prometto di avere modi gentili ed una buona condotta, e di non condurre una vita pigra. Prometto di dedicare almeno due ore al giorno all’impegno sociale.

Approfondimento tematico… L’arte islamica

Nell’islam la divinità e le figure religiose non si possono raffigurare. Questo non significa che non si sia sviluppata alcuna forma artistica, anzi la perfezione formale è molto importante per la fede islamica in quanto nel testo sacro viene più volte ripetuto che “Dio ama la bellezza”. Se Dio non si può rappresentare, si può conoscere attraverso la recitazione del Corano e diffonderne la conoscenza attraverso la scrittura. Da qui l’impegno di rendere bella la calligrafia affinché sia degna di trasmettere la rivelazione e diventi il mezzo che avvicina il lettore al divino. L’insieme degli stili calligrafici dell’alfabeto arabo si può dividere generalmente in due gruppi: le scritture di carattere solenne riservate ai testi sacri e quelle corsive utilizzate per uso corrente. Le prime sono più spigolose, lineari e allungate, mentre le seconde hanno caratteri maggiormente arrotondati. Lo stile calligrafico di lingua araba più antico che raggiunse una certa diffusione fu il cufico (dalla città di Kufa in Iraq), intorno al IX secolo, in seguito sostituita dallo stile thulth. Lo strumento tradizionale del calligrafo è il qalam, una penna di canna secca. Un’evoluzione particolare della calligrafia è costituita dai calligrammi che conferiscono un aspetto naturalistico all’insieme calligrafico. Attraverso la combinazione e l’intreccio delle parole, l’artista realizza forme antropomorfe e zoomorfe. Nell’arte islamica la geometria è intesa come principio organizzativo e concezione geometrica del mondo, ovvero uno dei segni che Dio ha donato all’umanità come prova della sua esistenza. I disegni geometrici nell’arte islamica sono spesso costruiti su combinazioni di quadrati e cerchi ripetuti, anche sovrapposti e intrecciati, che possono estendersi indefinitamente e suggerire così l’infinito.

Per approfondire:

Massimo Campanini, Estetica Islamica. Astrazione e realtà, Morcelliana, 2021

Francesca Bardi, La calligrafia islamica, potenza e bellezza della scrittura, Fondazione Internazionale Menarini, 2010.

Vedi le opere di Amjed Rifaje, calligrafo iracheno che dopo aver lasciato l’Iraq e aver raggiunto l’Italia per ragioni di salute, fa conoscere la sua cultura d’origine attraverso l’arte della calligrafia. 

Vedi le opere di Shamira Minozzi, un’artista italiana ispirata dalla calligrafia islamica e ideatrice di innovative composizioni calligrafiche che propone l’arte come strumento di dialogo interreligioso.

Visita la pagina Focus Incontri d’Arte
Guarda questo breve e simpatico video sull’Islam, What is Islam? per approfondire i 5 pilastri, le norme alimentari, il velo islamico e tanto altro!
Il documentario Cose da non chiedere – Le persone musulmane rispondono racconta con ironia gli stereotipi più diffusi sulla religione islamica.
Guarda anche Ti sVelo un’altra donna, l’intervento sul Burkini di Hind Lafram, la prima stilista per donne musulmane ideatrice di una marchio Modest Fashion Made in Italy

 

Per capirci…

imam: responsabile della preghiera nel rito della comunità e capo della nostra comunità. Per i musulmani sciiti, l’imam deve essere un discendente diretto della famiglia del Profeta.
jihad: a volte tradotto, in senso molto riduttivo, come “guerra santa”, il termine letteralmente significa “sforzo, sacro impegno”. Il “jihad maggiore” consiste nell’impegno nel migliorare se stessi, vincendo le proprie passioni. Il cosiddetto “jihad minore” è l’impegno nella difesa dell’Islam contro i suoi nemici.

sharìa: “retta via prescritta” (da Allah), che raccoglie tutti i comandamenti di Dio così come sono enunciati nel Corano e nei detti del Profeta (ahadith, sing. hadith). I suoi precetti sono relativi a tutte le attività del sufismo: corrente mistica islamica, risalente ai secoli VII-VIII, e consistente nella ricerca di un cammino spirituale verso Allah.
sunna: “costume”, “codice di comportamento”. Atti e detti del Profeta, quali sono stati trasmessi negli hadith. Dopo il Corano, la sunna costituisce la seconda fonte della legge islamica.
umma: l’insieme dei credenti musulmani, senza distinzioni culturali, statali o etniche.